DA UN WEBINAR CON MAURO BERGONZI IN TEMPI DI PANDEMIA
La fretta di colmare quel senso di silenzio, quella solitudine che a volte sentiamo al nostro interno ci allontana dalla possibilità di affrontare, anziché evitare questo senso di solitudine che affiora. La strada potrebbe essere quella di fermarci e lasciarci sprofondare un po’ dentro per sentire cosa c’è dietro questo vuoto che sentiamo.
Prendiamo una posizione comoda seduta, lasciamo che il respiro si renda comodo insieme al corpo e restiamo in ascolto di tutta la sfilata di sensazioni, di pensieri ed emozioni che attraversano la nostra mente e il nostro corpo.
Stiamo seduti, rilassati e non facciamo niente se non guardare il flusso delle nostre immagini e dei nostri pensieri e noi non facciamo niente, non le accogliamo e non le respingiamo.
Chi è che sta osservando? Interroghiamo la nostra esperienza diretta: Chi percepisce tutto questo? Mettiamoci dalla parte di quel misterioso osservatore, attendiamo e vediamo se sprofondiamo in quello osservatore senza timore.
La mancanza di completezza è quella che chiamo felicità nei momenti in cui mi sento completo nella vita, mi dico va bene così, non ho più niente che mi manchi.
Ma se noi allora abbiamo nostalgia della completezza vuol dire che in qualche modo sappiamo che cos’è, vuol dire che è qualcosa che fa già parte di noi. Se una persona non sa cos’è la libertà vuol dire che dentro di se, ha un senso di libertà.
Nella nostra coscienza collettiva, quel senso di vuoto, la mancanza che noi cerchiamo di riempire in ogni modo, agendo qualsiasi cosa, agendo con il corpo, con la parola, amplificando gli stimoli sensoriali: anche quando andiamo in vacanza ogni singolo istante deve essere riempito di divertimento , si assiste ad una fuga nell’azione, alla fuga nelle dipendenze.
Noi siamo molto dipendenti dalle nostre abitudini e quando cerchiamo rifugio in esse per sfuggire a qualcosa che percepiamo come una voragine, come un non-senso, finiamo per restare nella bolla della reattività, solo per non vedere le cose come sono. Allora accade una cosa del tutto inaspettata, come il coronavirus che mi dice ora fermati, stai a casa. Dove a casa sarai fermo e allora cosa succede? Comincio a mettere i piedi per terra e allora tutte le cose astratte che prima mi avevano mosso, tutto questo mondo di astrazioni che riempiva il quotidiano ora viene meno, e come in una guerra, sono riportato alle cose essenziali. Non è così facile, perché è sempre possibile riempire questo ozio forzato in cui siamo con una infinità di azioni. E che qualità hanno queste azioni? di riempimento oppure il piacere di fare quella cosa che dedico a me stesso? Non è così facile.
È un passare dal guardare fuori – dai nostri concetti, dalle nostre parole- al guardare dentro, finché quel dentro non è più dentro e non è più fuori.
E quando ci fermiamo, nel silenzio, ci lasciamo cadere dentro e ci possiamo passare attraverso: ansia, preoccupazione per il futuro, l’isolamento, la noia sono onde di qualcosa che è molto più profondo, sono sentimenti normali in una situazione pandemica come questa e anziché evitarli, tocchiamoli e lasciamoci toccare.
Ammazzare il tempo, pensate a quanto è violenta questa espressione. Contrapponiamo a questa una poesia di P. Neruda: “Ora conto fino a dodici e tutti resteremo fermi“. Questa poesia accenna ad una cosa importante : se uno si ferma, le cose che arrivano possono essere paura, preoccupazione, ansia tristezza ed è qui che noi possiamo riuscire a scoprire con tenerezza la nostra vulnerabilità fisica ma anche quella psicologica. Forse molte persone assistono sorprese perché non si immaginavano così fragili.
Ma se noi contattiamo il silenzio scopriamo che toccando la nostra vulnerabilità possiamo costruire, finalmente, una grande apertura.
La vulnerabilità è una sensibilità senza difese che manda all’aria tutte le nostre fantasie, le nostre illusioni, che manda all’aria tutte le fantasie di poter controllare il nostro se separato. Attraverso questa profusa sensibilità al tocco della vita cominciamo ad intuire che noi non possiamo mai essere separati da niente, che esiste una profonda connessione con ciò che siamo e con tutto ciò che consideriamo essere come mondo esterno.
Grazie Mauro