Categorized as: Meditazione

Meditazione e respirazione: come funzionano e come sono connesse

Meditazione e respirazione influenzano positivamente la vita quotidiana, approfondiamo le tecniche più efficaci di respirazione.

 

Meditazione e respirazione sono due aspetti intrinsecamente legati nello yoga e consentono di ottimizzare i benefici fisici, mentali e spirituali della singola sessione.

Il respiro è infatti uno degli strumenti più potenti di questa disciplina antichissima e imparare a concentrarsi su di esso può rivelarsi a volte tutt’altro che semplice: comporta infatti una ricerca interiore che accompagna la persona tutta la vita.

Uno dei Maestri di yoga attualmente più affermati è solito insegnare che “esistono tante respirazioni quanti sono i nostri stati emozionali” : questa è sicuramente la difficoltà più importante nel meditare.

La meditazione è un percorso graduale verso l’ auto-riconoscimento  della nostra natura essenziale e il respiro interfacciandosi direttamente come l’espressione più immediata della nostra vita è il supporto più naturalmente coinvolto nella gestione della nostra mente.

In questo articolo analizziamo il rapporto di scambio che lega respirazione e meditazione, connesse tra loro in maniera intima, profonda e imprescindibile.

 

Come si respira quando si medita

Esistono diverse tecniche di meditazione per un respiro consapevole. Esse hanno in comune un movimento che interessa in primo luogo il diaframma: il muscolo che più di ogni altro si occupa di regolare la respirazione, consentendo l’attivazione esatta del torace e dell’addome sia durante la fase di inspiro che in quella di espiro.

Il diaframma influisce perciò in maniera profonda sulle contrazioni che interessano le altre parti del corpo coinvolte durante la respirazione nella meditazione. Il flusso che porta da una fase all’altra dovrà essere fluido, lineare e naturale, privo di forzature. Questi gli step base che interessano il respiro nella meditazione:

  1. la persona si siede in una posizione comoda. La più comune è quella a gambe incrociate con, se necessario, un cuscino a sostegno per mantenere la schiena in posizione corretta ed eventualmente un telo sotto le ginocchia, sempre per una maggiore comodità. Nulla vieta di adagiarsi su una sedia oppure di adottare altre posizioni: l’importante è riuscire a portare l’attenzione sul respiro;
  2. inspirazione: si introduce aria dal naso, con la bocca chiusa, pensando di indirizzarla verso l’addome;
  3. quando si arriva quasi all’apnea si fa una leggera pausa, non troppo lunga in modo da non fermare il flusso del respiro. La sensazione che deriva da questo piccolo gesto è generalmente di una maggiore serenità;
  4. espirazione: si butta fuori l’aria con un tempo simile a quello dell’inspirazione;
  5. consigliamo di contare i tempi in cui si inspira e quelli in cui si espira (che dovrebbero essere uguali o molto simili come accennato poc’anzi) per poi dilatarli con dolcezza, allungandoli;
  6. è possibile fare una seconda pausa oppure ricominciare con un nuovo respiro.

 

Meditazione e respirazione: una pratica antichissima

Meditazione e respiro sono due aspetti basilari di qualsiasi stile dello yoga. Su entrambi si sono soffermati diversi maestri nel corso dei secoli, a cominciare da Patanjali nello Yoga Sutra, il quale ha analizzato in particolare la fase del pranayama: essenziale per gestire il respiro nella meditazione.

Ricordiamo che la meditazione è un momento della pratica che dovrebbe esserci sempre alla fine di qualsiasi sessione. Presenta diversi benefici, portando la persona a connettersi profondamente con se stessa. Qualcosa che è possibile grazie al connubio costante tra meditazione e respirazione.

 

Conclusioni su meditazione e respirazione

Oggi abbiamo visto come impostare respiro nella meditazione, almeno a livello base. Si tratta, pertanto, di un vero e proprio mondo da esplorare, cosa che si riesce a fare in maniera più approfondita durante le lezioni, imparando ulteriori tecniche da sviluppare in relazione ai chakra e al proprio percorso individuale.

In tal senso, il confronto con insegnanti esperti e preparati si rivela un vero e proprio valore aggiunto, confermando l’importanza della dimensione relazionale nello yoga.

Meditazione e yoga: differenze e benefici in comune

Lo yoga è ormai una pratica molto diffusa in tutto il mondo. La disciplina orientale che ha origine in India, abbraccia aspetti fisici e mentali con un solo, preciso obiettivo: unire corpo, mente e spirito. Ed è proprio “unire” la parola chiave. Ancora meglio Ri-unire ciò che la nostra mente ordinaria ha separato.

Spesso si identifica lo yoga come un mero allenamento fisico, in realtà è importante sapere che include numerosi altri elementi come pratiche, studi teorici e attività di respirazione. Ci sono anche precisi concetti strettamente legati a questa disciplina. Quali sono? Samsara, karma, chakra e altri, ma ce n’è uno che davvero racconta molto dello yoga; stiamo parlando della meditazione.

Meditazione e yoga, infatti, spesso vengono considerati una cosa sola, ma tra loro ci sono alcune sostanziali differenze. Vediamo insieme quali sono considerando anche i benefici in comune e di cosa si parla quando definiamo lo yoga meditativo.

Come si chiama lo yoga meditativo

Lo yoga meditativo è una pratica capace di cambiare profondamente chi la pratica. È una tecnica che porta a una maggiore consapevolezza di sé stessi e del mondo circostante.

Uno dei suoi punti di forza è la capacità di integrare corpo e mente attraverso posizioni fisiche, tecniche di respirazione, meditazione e mantra, offrendo un percorso verso il benessere olistico e l’autorealizzazione.

Secondo i libri sacri, il tipo di yoga più vicino alla meditazione è il raja yoga, cioè quello classico in cui la meditazione è una parte fondamentale perché aiuta a placare i pensieri e rilassare la mente per raggiungere l’obiettivo finale.

In ogni caso, ci sono numerosi tipi di meditazione, molto spesso collegata a religioni come induismo e buddismo che fanno parte di tutti i tipi di yoga.

Differenze tra yoga e meditazione

Spesso yoga e meditazione vengono considerati come due attività distinte e separate, ma non è così, o almeno non del tutto.

Non possiamo dimenticare che anche per Patanjali yoga e meditazione sono due attività omologabili: l’una non sussiste senza l’altra e viceversa.

Tutta l’opera di questo grande Maestro ha come unica finalità quella di purificare corpo e mente per riuscire poi sedersi sul proprio cuscino senza alcun disturbo e in uno stato contemplativo.

Semplificando ci sono comunque almeno due differenze rilevanti tra loro, eccole spiegate:

  • yoga: è una disciplina fisica che permette di raggiungere il giusto equilibrio tra corpo e mente; poiché il corpo è lo strumento per poter arrivare alla mente e non possiamo dimenticarlo.
  • meditazione: possiamo parlare di stato o di mente meditativa. Presuppone un percorso di avvicinamento graduale che utilizza metodiche di osservazione, concentrazione mantenuta ed infine di contemplazione. Aiuta a gestire le proprie emozioni e i propri sentimenti e ad assumere un atteggiamento privo di giudizio.

 

Yoga e meditazione. Ecco i benefici comuni

Pur non essendo la stessa disciplina yoga e meditazione vanno quindi di pari passo e spesso senza l’una non si può realizzare neanche l’altra. Motivo per cui hanno anche benefici comuni.

Tra i vantaggi in comune si possono elencare i seguenti:

  • maggiore concentrazione: grazie alla capacità di focalizzare la propria attenzione su qualcosa di preciso è possibile essere più concentrati e consapevoli:
  • riduzione dello stress: e conseguentemente dei livelli di ansia;
  • aumento della produzione di serotonina: questo dettaglio è capace di migliorare l’umore;
  • miglioramento della comunicazione: se si ha una mente rilassata è possibile essere più comunicativi;
  • aumento della creatività: andando oltre la nostra zone di comfort aumenta l’energia creativa e si risveglia il genio.

 

Consigli per principianti

La meditazione yoga può avvenire in diversi modi, ma la posizione più adatta ai principianti è quella da seduti. La posizione più comoda è quella con la schiena dritta in modo che questa inizia a rafforzare la sua struttura. Allo scopo si consiglia l’utilizzo di un panchetto da meditazione oppure di una sedia.

Da questo momento, avendo trovando la posizione più comoda, è possibile iniziare il percorso di meditazione con la posizione di base: la sukhasana. Definita posizione facile sia per il suo significato sia perché è molto comoda, la sukhasana, se eseguita con consapevolezza e con l’aiuto della respirazione recettiva permette non soltanto ai fianchi di riaprirsi gradualmente, al pavimento pelvico di radicarsi al suolo, ma anche di agevolare l’introspezione.

L’IMPORTANZA DI ESSERE AUTENTICI

 

Far emergere la propria natura profonda equivale a riconoscere e ad allinearsi con quella che è la propria inclinazione naturale.

Lo sforzo successivo, se di sforzo possiamo parlare, è quello di restare autentici e coerenti in quella direzione.

Possiamo cadere e rialzarci, e nella vita accade, con l’unica preoccupazione e l’urgenza del rimettersi in piedi, ma possiamo anche cadere restando osservatori del modo in cui ogni volta, ci risolleviamo. E questo uscire dall’automatismo è ciò che può fare la differenza.

Uscire da quell’automatismo che separa, contrae e genera inconsapevolezza e distanza, ci permette di allinearci con un livello più elevato di coscienza, così da consentirci di imparare dalla nostra personale e silenziosa esperienza.

Come quando si è soliti dire : “niente capita a caso”  è come riconoscere che c’è un ordine già precostituito, un ordine che presiede in tutte le cose della nostra vita  e  che tende sempre e comunque al bene, indipendentemente da.

 E se anche capita che lo perdiamo, esso ci da la possibilità di ricondurci sempre al “centro”.

Nella pratica la posizione di Tadasana rappresenta il fulcro: il centro di stabilità energetico prima ancora che posturale  dal quale poter creare forme diverse senza mai perdere la centralità.

 

A proposito di luce

Lo scorso dicembre molti di voi hanno avuto l’occasione di conoscere ed apprezzare, in un seminario svolto presso il nostro Centro, il mio Maestro di meditazione, ANDREA BONI

Recentemente Andrea ha inviato a me e a tutte le persone che lo seguono una sua riflessione:
il contenuto è risuonato profondamente per la totale mancanza di toni accademici, la sua immediatezza e soprattutto per quella intima, genuina sensibilità che solo una condivisione dal luogo del cuore può dare.

Così, sperando di fare cosa gradita, la condivido dal cuore a mia volta con tutti voi, sperando possa rappresentare un ulteriore spunto per una bella e luminescente riflessione.

 

“There is a crack, a crack in everything. That’s how the light gets in”
Leonard Cohen 

 

Dal treno, 11 marzo 2024

Mie care – miei cari,

Sono giorni che rifletto sull’idea che la realtà in cui viviamo, all’esterno e all’interno di noi, sia costituita di luce, nella sua essenza. E che ogni essere vivente, persona, oggetto non senziente o costruzione mentale siano il prodotto di una declinazione più o meno densa di quell’energia luminosa.

In realtà, secondo questa idea, nulla in assoluto, neanche la materia che ancora non è stata creata, è priva di luce poiché, nella sua essenza, la vita stessa trova in quella luce la sua materia costitutiva e originaria.

È una teoria tantrica che si chiama abhasavada.

Pensate a un programma televisivo.

Quando vi fermate a guardare il conduttore televisivo, vedete una persona seduta che parla animatamente, sorridente o seria, che vi mette al corrente sugli eventi dell’attualità oppure intervista un ospite. Ma se vi avvicinate allo schermo, vi accorgerete che quell’immagine è composta di migliaia e migliaia di piccolissimi puntini di luce che, se percepiti individualmente, non sono altro che minuscole particelle luminose, ognuna con personali caratteristiche, che contribuiscono a comporre l’immagine del conduttore, dell’ospite, della scenografia e di tutti gli altri elementi che compongono il programma.

Un puntino rosa, combinato con altri puntini rosa, creano la forma della sua mano o del suo viso; mentre quelli neri formano il tessuto dell’abito che indossa.

L’immagine del conduttore sullo schermo appare come una singola unità presente nello spazio e nel tempo, che resta viva per la durata in cui è sullo schermo. Le migliaia di puntini luminosi che la generano devono continuare ad apparire e scomparire, comporsi e ricomporsi, per mantenerla visibile, per tutta la durata del programma.
Questo è esattamente ciò che avviene con gli abhasa (le particelle di luce) secondo la teoria tantrica, non solo nella realtà che ci circonda ma anche nei pensieri, nelle emozioni, nella veglia e nei sogni. Perfino nello stato di sonno profondo, quella coltre di oscurità che cela la nostra coscienza è carica di una luce propria.
Quando ero ragazzino facevo un gioco con me stesso che prevedeva di entrare in una stanza completamente buia, disporre le spalle alla parete e restare con gli occhi puntati coraggiosamente su quella oscurità densa e minacciosa, come se fosse un’entità da esplorare. La mia era in parte una prova di forza ma anche una sorta di esperimento per cogliere la luce presente, finanche nella più scura delle realtà.

Così, mi appiattivo al muro e sparavo lo sguardo davanti a me come un raggio laser che sondava ogni piccolo dettaglio della massa nera che si mostrava di fronte.
E, che ci crediate o meno, milioni di minuscoli pixel cominciavano a danzare nel terreno percettivo davanti a me, creando disegni, volti, presenze strane, che in qualche modo mi davano il benvenuto. È ovvio che tutto questo potesse essere il frutto di un progressivo riadattamento dello sguardo all’oscurità o trovasse causa in qualcosa di biologico, legato alla vista. Non so bene. Quello che però so, è che l’esperimento procurava in me la sensazione di essere partecipe di una sorta di rivelazione miracolosa in cui la vita mostrava un volto che mi era sconosciuto. In fondo, si dice che la vita del mondo sia formata di energia dinamica che si crea, si conserva e si trasforma continuamente. Non è forse possibile che ciò si manifestasse anche dove la luce non era presente?

 

Ciò che si mostra come una realtà stabile e concreta, in realtà è un agglomerato di luce che si crea e si disintegra continuamente nel sostenere la vita.
Il Tantra insegna che il divino è ciò che risplende, illumina e rivela, portando gli oggetti a manifestarsi, a rendersi visibili. Così, il simbolismo della luce ci aiuta ad afferrare la relazione che il divino ha intimamente con tutte le cose.

È come se la vita esistesse perché è già contenuta nel Supremo in forma di seme e il suo venire alla luce non sia altro che una graduale rivelazione di ciò che è già.

Potremmo affermare, dunque, che gli oggetti sono quelli che sono, grazie alla luce che ne determina l’esistenza e ne è il terreno essenziale. Non la luce del sole, della luna o le fiamme del fuoco che illuminano la realtà circostante, bensì la luce suprema che per sua natura è radice e causa di ogni cosa. Non lo trovate affascinante?

La luce determina la natura essenziale del divino, ma è anche quella che determina la nostra esistenza. Noi ci mostriamo grazie alla luce della nostra esistenza. Se questa non esistesse, assumendo la nostra forma, noi stessi non esisteremmo.
Una mia cara amica si è sempre considerata atea, ma una volta mi disse che durante il corso della sua esistenza aveva sempre rispettato la vita, in tutte le sue manifestazioni, gli esseri umani, la natura e gli affetti, perché per lei la vita non era solo una serie di eventi, ma una poderosa corrente luminosa che sottostava e sosteneva ogni sua forma di creazione. Un po’ la stessa saggezza del Tantra, ma da un punto di vista più laico.

 

Quello che segue è un esercizio che ho imparato dalla mia insegnante Sally Kempton e che ci mostra il potere della coscienza in relazione alla forza della vita, che lei chiama la Suprema Coscienza. Ve lo dedico con affetto.
Chiudete gli occhi e focalizzatevi per qualche istante sul vostro respiro. Lasciate che il respiro dolcemente vi porti all’interno e vi renda consapevoli della vostra esistenza. In questo corpo voi esistete anche grazie al flusso del respiro. Tutto ciò che nasce e si riassorbe in voi avviene all’interno della Suprema Coscienza. Tutto esiste all’interno della Suprema Coscienza, compresi i pensieri e le immagini che si susseguono nella vostra mente, ecc. Ora silenziosamente pronunciate a voi stessi le seguenti parole: “Dietro i miei pensieri vi è la luce della Suprema Coscienza. I miei pensieri nascono da quella luce e si reimmergono in quella luce. Dietro il respiro vi è la luce della Coscienza. Il mio respiro nasce e si riassorbe in quella luce. Anche la sensazioni nel mio corpo sono generate dalla luce della Coscienza.

È proprio quella luce che mi permette di percepire le sensazioni che provo ed è sempre lei che è già presente in tutto ciò che sento o provo.

Mentre i pensieri e le sensazioni nascono, divenite consapevoli che si generano e si riassorbono all’interno del terreno luminoso della pura Coscienza, la sorgente divina.

Quando riaprirete gli occhi e vi guarderete intorno, mantenete la sensazione che sia sempre la luce della Coscienza che vi permette di vedere e che si mostra in tutto ciò che cogliete con lo sguardo.

Andrea Boni