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Come scegliere un bravo insegnante di yoga

 

Come scegliere un bravo insegnante di yoga: le domande da fare – formazione – colloquio – sintonia e fiducia

Uno degli aspetti di base fondamentali in grado di qualificare un insegnante di yoga come un bravo insegnante è rappresentato dalla sua formazione. L’aver conseguito una certificazione adeguata presso una scuola di formazione riconosciuta e per un periodo solitamente non inferiore ai quattro anni e che comprenda lo studio della parte anatomica, come lo studio approfondito dei testi antichi.

In tutte le attività, la fase del tirocinio è molto importante. Lo è ancor di più nel caso dell’insegnamento dello yoga, dove il lavoro su sé stessi diventa un luogo necessario a sperimentare in prima persona ciò che si è appreso e che può fare la differenza nella qualità e nell’efficacia dell’insegnamento proposto.

Insegnare è un’arte

Un bravo insegnante di yoga deve prima di tutto avere un intento chiaro su come e in che modo strutturare una pratica di yoga affinché, nel rispetto delle singole diversità, sia di reale beneficio per tutti.

Deve essere un buon accordatore: insegnare è un’arte e nello yoga rappresenta l’arte della condivisione, del saper accompagnare ogni singola persona fino a far risuonare al suo interno le vibrazioni più intime e profonde del proprio essere.

Il corpo ha una espressività non sempre verbalizzata

Un buon insegnante di yoga deve essere lui stesso un buon meditatore. Deve educarsi al silenzio, necessario ad affinare quella sensibilità all’ascolto che lo porterà a comprendere e, talvolta a “riconoscersi”, nelle storie sottese alle contrazioni di un corpo fisico ed emozionale: contrazioni e tensioni quasi sempre non verbalizzate e cristallizzate a monte delle stesse parole.

Spesso le classi di corsi yoga non sono eterogenee e solo un insegnante che abbia sperimentato un grado di preparazione più approfondito, che non sia solo quello didattico, potrà riconoscere le necessità di ogni singola persona, avvalersi delle opportune e diverse varianti alle asana, e costruire così una lezione di yoga che possa rappresentare comunque il massimo grado di benessere per tutti.

Una qualità di ascolto e di attenzione costante e mirata durante le lezioni, permetterà l‘instaurarsi di uno stato di sintonia e di fiducia che promuoverà l’affidarsi spontaneo alla guida dell’insegnante, e renderà così più facile l’abbandono e il rilascio delle tensioni.

L’insegnante di yoga è solo un tramite per il ben-essere

Infatti ciò che contribuisce a rendere veramente efficace l’insegnamento nei corsi yoga è la sua capacità di creare un clima di collaborazione e di fiducia reciproca, dove la persona possa sentirsi accolta, compresa e guidata verso la migliore espressione di sé.

Vale sempre la pena di prendersi qualche minuto da dedicare all’allievo, soprattutto se si tratta di una lezione di yoga per principianti. Un colloquio preliminare di pochi minuti può risultare molto prezioso per l’insegnante per mettere in luce le necessità peculiari della persona e al neofita per comprendere più a fondo il reale significato dello yoga e le sue finalità.

Importanti sono le domande da fare, ma altrettanto importanti sono le risposte. Non viene richiesta alcuna performance, alcuna competizione, tutto avviene gradualmente, passo dopo passo. L’unica modalità richiesta durante l’esecuzione degli asana è la gentilezza, l’accoglienza e la cura di sé. Una modalità necessaria per cambiare l’approccio verso se stessi, verso gli altri, verso la propria realtà.

Un bravo insegnante di yoga accompagnerà l’allievo a vivere la pratica come un luogo di intimità personale, dove con gradualità arrivare a trascendere la mente con le sue aspettative e così il corpo fisico, lasciando nuovamente spazio alla meraviglia dell’accadere e della non dualità.

Porta nella tua vita il benessere dello yoga e della meditazione: YOGA TERAPIA – parte prima

 

Porta nella tua vita il benessere dello yoga e della meditazione: YOGA TERAPIA – parte prima

Yoga terapia si yoga terapia no: c’è molta polemica intorno a questo termine. Al di là della considerazione oggettiva che un insegnante di yoga di per sé non possa essere considerato un medico o un terapista non avendone le specifiche competenze. È anche vero che l’aspetto terapeutico è già insito nella disciplina dello yoga e che un insegnante che si rispetti dovrebbe essere tenutario e attento dispensatore di quella che attualmente viene riconosciuta come scienza yogica.

I benefici psicofisici avanzati e testimoniati sempre più da una pratica costante, diventano un luogo di riferimento cui la scienza medica e la psicologia occidentale rivolgono il loro interesse in modo sempre più approfondito.

È un dato di fatto ed esiste ormai un’ampia letteratura in merito a quanto l’efficacia della yoga terapia e della meditazione sia sempre più riconosciuta nel suo ruolo di terapia preventiva, adiuvante e lenitiva per molte patologie.

Medicina e meditazione: un’origine comune

Del resto le parole medicina e meditazione anche a colpo d’occhio, non sono così etimologicamente distanti. Esse condividono una radice latina comune = mederi ovvero curare.

Mederi è una parola che, a sua volta, deriva da una radice indoeuropea il cui significato è misurare: qui, l’interpretazione più immediata e istintiva di questo termine ci porta a considerare la circostanza che tutti gli esseri viventi possiedono al loro interno una personale misura tale da condizionarne la qualità dell’esistenza se non la stessa sopravvivenza.

Oggi sappiamo di poter definire il termine misura con la ricerca di un equilibrio interno: una condizione necessaria e in grado di influenzare qualitativamente tutti gli aspetti della vita dell’uomo e che la scienza yogica intende rivolta a tutti i piani dell’essere attraverso la sua forma triadica di asana- dhyana e pranayama.

Inoltre la vicinanza di questi due termini ci porta inevitabilmente ad interrogarci sul ruolo della meditazione nella medicina e su come possa migliorare la nostra salute.

Conosciamo bene quanto la yoga terapia si prefigga il riordino dell’organismo umano sia da un punto strutturale quanto a forza, flessibilità, allineamento – fisiologico attraverso la corretta funzionalità dei sistemi corporei ed infine psicologico attraverso la conquista del benessere mentale.

La diffusione del buddismo in Occidente

La diffusione occidentale del buddismo e delle tecniche meditative ha contribuito a spostare l’interesse di molti psicoterapeuti che, nonostante lo scoglio della “non esistenza dell’io” professata da queste dottrine, hanno iniziato a considerare la ricerca della liberazione dalla sofferenza psichica attraverso un percorso incentrato sulla autoconsapevolezza.

Anche gli studi effettuati attraverso le risonanze più all’avanguardia hanno permesso di evidenziare nuove frontiere nel rilassamento psico-fisico riconducibili alla pratica di Yoga Nidra.

Una pratica, ad oggi, considerata un metodo sistematico a valenza scientifica per indurre uno stato di rilassamento profondo ma anche il miglioramento delle funzioni cerebrali e cognitive riscontrabili nel potenziamento della capacità di visualizzazione, nel miglioramento della stimolazione sensoriale e non ultimo nell’attivazione della memoria a medio/lungo termine. il tutto grazie ad un preciso percorso di elementi di psicologia yogica e di psicologia occidentale.

Lo yoga come terapia adiuvante

Lo yoga in quanto terapia alla fine si basa sul principio che il corpo sia in grado di autoregolarsi e di re-instaurare l’equilibrio fisico e mentale necessario alla salute attraverso la valorizzazione delle proprie risorse personali.

Noi che pratichiamo yoga sappiamo che stare bene non è solo assenza di malattia o d’infermità, il corpo con l’andare del tempo inevitabilmente si corrompe.

Per stare bene occorre “sentirsi bene” da un punto di vista fisico, mentale, emozionale, relazionale, culturale, sociale. In una parola occorre essere in armonia con se stessi, con la vita indipendentemente dalle vicissitudini, dalle difficoltà e dal passare del tempo.

Nell’evoluzione di questo concetto anche l’OMS – l’organizzazione mondiale della sanità’ considera un dovere di tutti i governi lavorare per promuovere la salute dei propri cittadini attraverso la prevenzione, la regolamentazione e il mettere a disposizione tutto ciò che è necessario e indispensabile allo scopo.

In Germania ad esempio i medici di base, là dove necessario, prescrivono cicli di sedute di yoga e le sedute sono rimborsabili dal S.S.N del paese.

Yoga terapia e meditazione: due discipline sempre più ricercate

Nonostante il cammino sia ancora lungo, grazie al crescente interesse per lo yoga e la meditazione, l’attuale visione medica e scientifica si va sempre più indirizzando verso un concetto meno meccanicistico e multispecialistico per abbracciare una visione dell’essere più ampia, omnicomprensiva ed evolutiva. In quest’ambito ogni singola espressione fisica o mentale può essere considerata non più fine a se stessa, ma indagata nell’ambito di un processo dinamico che rivolge il suo interesse alla persona in tutta la sua complessità.

Questa nuova impronta permette di promuovere anche nelle terapie più tradizionali una migliore efficacia: se da un lato restituire alla persona la capacità di ascolto, la fiducia nelle proprie risorse e la padronanza di sé può aiutare favorevolmente nella risoluzione di un determinato malessere, dall’altro, in campo medico scientifico, l’avvalersi delle discipline dello yoga e della meditazione consente un contatto medico – paziente sicuramente più umano, maggiormente incline all’ascolto e quindi meno invasivo anche da un punto di vista emotivo.

“Siamo piccole onde dell’oceano cosmico” Paramahansa Yogananda

I forti legami fra lo Yoga e le discipline olistiche: il massaggio craniosacrale

I forti legami fra lo Yoga e le discipline olistiche: il massaggio craniosacrale

Praticare yoga e avvalersi delle discipline olistiche rappresenta sicuramente una bella sinergia in grado di potenziare il nostro benessere fisico, ma anche mentale ed emozionale.

Discipline olistiche: quali sono e a che cosa servono?

La società attuale sospingendo verso la ricerca di una continua performance nei campi più disparati, produce come risultato quello di una costante e spesso inconsapevole accelerazione di tutte le modalità di interazione con se stessi, con gli altri e con la vita.

I ritmi naturali e biologici che sono da sempre alla base della nostra serenità e della nostra salute vengono spesso sostituiti da ritmi ben più incalzanti, spesso in disaccordo con le necessità reali e con il  nostro sentire. Sono ritmi imposti dai canoni prestabiliti, da falsi bisogni percepiti, dalle nostre interpretazioni tese ad allinearci alla routine di una società sempre più votata al consumismo e all’apparenza.

Diversi studi sottolineano un incremento dei fenomeni di ansia e di nevrosi nelle popolazioni di tutto il mondo: al di là di situazioni specifiche, come quella pandemica attuale, credo che in buona parte l’origine di questo malessere possa essere nella perdita del senso di appartenenza con noi stessi e con la natura che ci ospita.  Troviamo sempre più difficile fermarsi, rallentare e sperimentiamo sempre più difficoltà nel restare semplicemente in compagnia di noi stessi, rifuggendo anche dal piacere nutriente del dolce far niente.  

Una falsa libertà  

Mi trovo spesso ad interrogarmi  e a  considerare come curiosa, se non stravagante, quella certa percezione di considerarci liberi o di avere conquistato oggi  chissà quale libertà di genere. In realtà siamo sempre più reattivi e meno riflessivi, più separati  e sempre più intrecciati nella produzione di un mondo fatto di parole e alimentato dai nostri costrutti mentali.

Il rischio in cui possiamo incorrere in questa situazione è quello di perdere la nostra capacità di ascoltarci, di  allontanarci  dalle nostre reali necessità e di confonderci sempre di più. Da un punto di vista  fisiologico questo stato rappresenta la fonte principale dello stress e l’anticamera di molte patologie e  yogicamente parlando è fonte di confusione, di errata percezione , di avidya e di tutto il malessere da questa generato.

“Mens sana in corpore sano” : parlando di unità psico fisica questi aspetti sono comunque le facce di una stessa medaglia che inevitabilmente confluiscono l’una nell’altra.

Viviamo un mondo di surrogati. Ad ogni bisogno c’è subito un rimedio una risposta pronta,  facile,  quasi preconfezionata,  ma  che tende inevitabilmente a soffocare sempre di piu’ il riconoscimento delle nostre capacità e quindi il ricorso alle proprie risorse interne.

Ecco che il ricorso alla meditazione, allo yoga e discipline olistiche che invitano a rallentare, a riprendere il contatto con se stessi  anche tramite il  contatto sapiente delle mani di un operatore può essere una modalità importante per allontanare lo stress, e per riappropriarci, in larga parte e con gentilezza, dell’equilibrio perduto.

In questo contesto oggi vogliamo rivolgere la nostra attenzione ai possibili benefici del  trattamento craniosacrale. 

Che cos’è il trattamento craniosacrale

Questo trattamento può essere considerato alla stregua di una vera e propria terapia facente parte della tradizione osteopatica.

Si preoccupa di rimuovere le cause che sono all’origine dei disturbi psicofisiologici della persona agendo principalmente sul ripristino del meccanismo respiratorio primario, fondamentale per il benessere della persona .

Oggi la medicina più integrata e le scoperte in ambito neuro scientifico ci permettono di parlare di cervello in termini di neuro plasticità cerebrale: il cervello non è una struttura immobile e chiusa dentro la scatola cranica ma ha una sua respirazione.

Come è ormai noto le principali modificazioni dovute ad uno stress prolungato si determinano dapprima a carico della qualità e della permeabilità respiratoria,  depauperando quindi lo stato energetico della persona, per poi estendersi, a macchia d’olio, in tutta la struttura funzionale nervosa biologica e mentale, procurando uno stato di esaurimento fisico ma anche di svuotamento mentale.

Nelle situazioni di stress, intervenire con lo yoga e le discipline olistiche, la meditazione ma anche ricorrere ad un operatore di craniosacrale può accelerare il recupero di un giusto equilibrio interno e potrà anche aiutare la mente a ritrovare quello stato di chiarezza e lucidità così importante.

L’operatore del trattamento  craniosacrale opera in una modalità totalmente non invasiva:  attraverso il sottile ascolto e una manipolazione dolce delle ossa craniche andrà ad influenzare positivamente lo stato psicofisico della persona nel suo insieme. Questo trattamento interagendo con il sistema nervoso centrale e periferico, restituirà nuova profondità alla respirazione con effetti riequilibranti anche a livello ormonale e circolatorio e neuronale.

Inoltre questo trattamento liberando i sistema muscolo scheletrico da  blocchi e tensioni permette alla linfa vitale di tornare a fluire liberamente in tutto l’organismo.

Conclusioni

Parimenti allo yoga che considera la mente quale centralina di tutto il nostro essere per il craniosacrale  tutte le fasce del corpo originano nel cranio.  È così  facile intuire come questa “terapia” possa influenzare tutto l’organismo ristabilendo quel ritmo vitale che è base e fonte di tutta l’esistenza.

I momenti migliori per fare yoga

 

I momenti migliori per fare yoga – a che ora praticare e quante volte a settimana fare yoga

Se è vero che praticare yoga serve essenzialmente a perseguire uno stato di benessere psicofisico nella persona non dovrebbero esserci limiti o preclusioni nell’esercizio della pratica. In realtà’ esistono comunque delle indicazioni che è bene rispettare in modo da ottimizzare i benefici della pratica yoga. È bene ricordare che  lo yoga è una disciplina, poiché serve a disciplinare il nostro corpo e la nostra mente attraverso il riconoscimento e l’opportuna correzione di certe abitudini e consuetudini allo scopo di  trasformarle in qualcosa di più utile e proficuo per la nostra esistenza e, conseguentemente per quella degli altri. Per questo è sempre utile rispettare alcune indicazioni che possono fare la differenza e grazie alle quali possiamo ottenere  il maggior beneficio possibile dal nostro momento yoga.

Infatti, a prescindere dalla scelta individuale riguardo il momento migliore della giornata per fare yoga  una fra le norme di base  da osservare, è quella di praticare la mattina a digiuno e comunque lontano dai pasti principali: da un punto di vista fisiologico, durante il processo di assimilazione e di digestione l’energia del corpo è richiamata dall’elaborazione del cibo introdotto e questo non consente di  poter destinare quanto necessiti  al sostegno muscolare per lo  svolgimento delle asana.

Inoltre, se è vero che lo yoga presuppone un nutrimento per la nostra anima è bene mantenere vuoto e il più possibile pulito il contenitore che la ospita.

Quante volte praticare yoga

In base alla mia personale esperienza credo che la pratica di yoga si nutra della pratica stessa. Quindi la mia risposta è: il più possibile.

Teniamo presente che la maggior parte dello yoga dovrebbe essere praticato fuori dal nostro tappetino: durante il nostro momento yoga più applichiamo svadhyaya – lo studio di sé e dei testi sacri, più pratichiamo con una modalità – abyasa– in grado di nutrire il nostro intento e la nostra crescita, più svilupperemo l’audacia  necessaria per  imparare a sperimentarci e a metterci in gioco per come siamo e  ancor  di più ci educheremo a mantenere quello stesso atteggiamento di osservatore attento e neutrale anche nel nostro quotidiano.

Iniziare seguendo un corso in un centro di yoga potrà rappresentare un momento di grande benessere ma  anche  un bel trampolino di lancio per arrivare ad introdurre il momento  yoga quale  attività  naturale e indispensabile del nostro quotidiano al pari del nutrirsi e del dormire.

Quindi disciplinarsi  per mantenere un appuntamento quotidiano con un lo yoga, potrà realmente fare la differenza per la nostra vita aiutandoci ad assumere una maggiore elasticità non solo fisica  ma anche una visione più ampia e accogliente  rispetto alle problematiche che possono presentarsi.

È necessario praticare il più possibile in modo da generare una sorta di dipendenza benefica. Solo il nostro intento e la nostra costanza potranno rendere il momento yoga  trasformativo per la nostra esistenza.

Preparare il momento yoga

Al di là della scelta del momento migliore per fare yoga,  è fondamentale  praticare con un giusto atteggiamento mentale,  e questo vale  qualsiasi sia il momento della giornata che intendiamo dedicare alla nostra pratica.

Il momento yoga che scegliamo di dedicare alla nostra giornata,  è infatti un momento che va innanzitutto preparato:  qualora  decidiamo di praticare a conclusione  di una giornata lavorativa  solitamente piena di impegni, non appare così scontato ed immediato passare dallo stato di una mente ordinaria e ancora distratta a quello di una mente più calma, concentrativa e quindi  in grado di rilassarsi sulle sensazioni che possono emergere nel corso della pratica.

Al di là dei momenti migliori per fare yoga la prima cosa di cui dovremmo preoccuparci è quella di riportare la mente nel corpo. Diversamente dalla ginnastica posturale la corretta postura nello yoga si inserisce nella più attenta ricerca dello stato di una postura interiore fatta di calma, di quiete e di stabilità psicofisica, di  una mente in grado di andare oltre la mente stessa  e quindi di manifestarsi  nella percezione  somatosensoriale  di una struttura corporea  riequilibrata perché non più condizionata da tensioni e contrazioni.

Non a caso Patanjali parla di asana come di posizione seduta: questa posizione, presa solo per qualche momento all’inizio della pratica ci aiuterà a dirigere l’attenzione all’interno ottimizzando il successivo lavoro sulle asana.  Mentre, a conclusione del momento di yoga dedicato alle asana,  questa stessa posizione ci consentirà di prendere consapevolezza dei cambiamenti prodotti dalla lezione sul piano fisico respiratorio e mentale.

L’orario migliore per praticare

Relativamente all’orario migliore per fare yoga,  l’ora del mattino è considerata da sempre la migliore.  appena alzati infatti, la mente non ancora così coinvolta dal movimento dei pensieri renderà più nutriente il  nostro momento yoga. Praticare al risveglio con costanza, consentirà alla mente di mantenere agevolmente uno stato di presenza calmo e rilassato anche durante le ore successive e renderà il nostro stato d’animo e la nostra giornata sicuramente più serena.

È vero che lo yoga deve adattarsi alla persona e non viceversa, ma è anche vero che il momento migliore della giornata per fare yoga yoga deve tenere il più possibile in considerazione non solo la costituzionalità della persona, ma anche l’orario della pratica e la stagionalità.

Pertanto, solo a titolo di esempio, poiché il corpo al risveglio è tendenzialmente più rigido,  per la pratica mattutina privilegeremo, un tipo di yoga più dinamico e comunque mirato allo scioglimento articolare,  rispetto ad una pratica serale costruita con più posizioni mantenute e tese ad ottenere uno stato di  maggiore rilassamento quale preparazione ad un  buon riposo notturno.

In ogni caso: mai dimenticarsi di respirare!

Le posture statiche yoga. Posizioni del corpo che migliorano equilibrio ed elasticità

 

Le posture statiche yoga. Posizioni del corpo che migliorano equilibrio ed elasticità

Parlare delle posture statiche yoga vuol dire porre l’accento sulla  capacità, per niente scontata, di poter mantenere una posizione nell’immobilità e in una condizione di completo agio durante la pratica.

Nello yoga della tradizione ciò che trasforma una posizione in un Asana è dovuta  proprio dalla capacità di restare in ascolto nell’immobilità. 

Prima di spiegare cosa sono gli asana e il significato della parola asana, proviamo a fare una piccola e schematica introduzione per capire da cosa nasce questo termine.

In india lo yoga è uno dei sei darshana, insieme al samkhya, al nyaya, al vaisesika, al mimamsa e al vedanta, ovvero dei sistemi o punti di vista che affondano le loro radici nelle antiche scritture vediche, che indagano su come risolvere il mistero del rapporto umano con la realtà.

Patanjali è l’esponente del sistema filosofico yoga, attraverso gli yoga sutra espone l’ashtanga yoga o i cosiddetti 8 passi attraverso i quali il praticante cerca di mettere ordine nella sua sfera fisica, mentale, intellettuale e spirituale tramite un impegno costante e cosciente, ispirandosi al contenuto di questi scritti per renderlo un vero e proprio pellegrinaggio verso la comprensione di sé.

Ecco appunto che Patanjali menziona gli asana nella seconda parte della sezione seconda della sua opera e dove tratta delle prime 5 pratiche della tecnica yoga, chiamate bahiranga – esteriori- insieme a yama (astinenze) – niyama (osservanze) –  pranayama (respiro) –  pratyahara  (ritiro dei sensi).

Significato di asana

Asana letteralmente significa “posizione seduta” dalla radice as, sedersi o stare seduti.

Successivamente, il termine ha assunto un significato più ampio andando ad indicare una postura del corpo in grado di migliorare l’equilibrio e l’elasticità e di contribuire alla stabilità fisica e mentale generando un senso di benessere.

Questo era valido per gli uomini di buona volontà di molto più di 3000 anni fa come lo è adesso per l’uomo moderno.

Anzi, lo yoga come viene detto dal taimni  nel suo commento  agli yoga sutra di patanjali, è una vera e propria scienza i cui effetti, benefici e risultati sono perseguibili e sperimentabili in prima persona.

La comprensione piena di cosa sono gli asana passa necessariamente nella messa in gioco di qualità come la pazienza, la perseveranza, e il desiderio di scoprirsi. qualità importanti per seguire questo percorso che continua a sopravvivere anche alle insidie dei tempi moderni così intrisi di tecnologia, di automatismi, e così lontani dal concetto di ascolto di sé.

Tutti gli asana dello yoga sono strumenti che useremo nella nostra pratica, non per una ricerca estetica, per esprimere un’emozione o un pensiero, né tanto meno per fare soltanto attività fisica. il nostro corpo ha bisogno di essere ascoltato, ammorbidito, lavorato, plasmato, accettato, amato, perché è l’unico mezzo che abbiamo a nostra disposizione per fare un’esperienza di vita su questo pianeta, momento dopo momento, e la pratica degli asana ci da questa importante opportunità.

Cosa sono gli asana? La risposta è quindi complessa

 La risposta è complessa perché si rende interprete di una tradizione antichissima. Le asana dello yoga sono posizioni che indubbiamente migliorano l’equilibrio e l’elasticità fisica, ma servono principalmente a modellare il corpo e anche la mente.

 Il fine cui ci accompagna lo yoga è quello di dare sempre e comunque la versione migliore di chi siamo. e, in questo senso, tutti gli asana dello yoga e in particolare quelle statiche ci danno l’opportunità per poterci trasformare. 

Il corpo è un laboratorio alchemico di esperienze, tanto meraviglioso quanto delicato nei suoi meccanismi, si nutre di un equilibrio non fine a se stesso ma che proviene da una saggezza antica. Una saggezza che ha necessità di essere ascoltata e svelata con la stessa curiosità di un bambino intento a conoscere il mondo e il suo linguaggio.

Il corpo è anche il riflesso dei contenuti della nostra mente, dei nostri pensieri come delle nostre emozioni; se noi utilizziamo tutti gli asana dello yoga per pacificare e praticare una continua e amorevole pratica di “igiene del corpo e della mente “ lasceremo spazio alla consapevolezza,  alla compassione, fino anche alla comprensione del mistero stesso della vita. O almeno ci possiamo provare!

Asana yoga e posizioni ginniche

Ma cosa ha di differente un asana da un’altra attività fisica dato che molte posizioni si praticano anche nella danza, nello stretching o nella ginnastica ?

La risposta a questo punto dovrebbe apparire piuttosto immediata: ciò che stabilisce la differenza è l’atteggiamento mentale.

Un asana come detto negli yoga sutra di Patanjali (ii,46-48) è definita  stira sukha, ovvero “stabile e confortevole”, come non lo è normalmente un esercizio fisico dove può prevalere la stanchezza dovuta ad uno sforzo muscolare a volte eccessivo e non consapevole.

In asana ci sarà una iniziale preparazione in cui alla iniziale tensione si andrà a sostituire un rilassamento muscolare completo con la progressiva riduzione delle tensioni e contrazioni non funzionali al mantenimento della posizione statica.  Di seguito, la profondità e la regolarità respiratoria insieme alla piena attenzione di una mente concentrata, calma e immedesimata nell’infinito renderanno il praticante un tutt’uno con la posizione stessa.

Un insegnante di yoga non ve ne farà un rimprovero se non riuscirete da subito nell’intento, non spingerà mai oltre i vostri limiti, ma cercherà di sostenervi ed accompagnarvi lungo il vostro percorso individuale di crescita.

Infatti diversamente da altre pratiche lo yoga è una disciplina non competitiva dove ognuno è libero di realizzare la proprie posizioni yoga senza dover cercare la perfezione.

Attraverso tutti gli asana dello yoga acquisiamo l’abilità di indagare il nostro mondo interno con benevolenza verso i nostri limiti e le nostre difficoltà.

Allo stato attuale non esiste altra disciplina che consenta all’individuo la possibilità di poter accedere a stati profondi di coscienza, di potersi conoscere e trasformare.

Governare la mente nelle posture statiche yoga

Imparare, progressivamente a governare questo cavallo imbizzarrito  che è  la nostra mente, ci consentirà di mantenere la postura in modo statico e confortevole, per potersi alleggerire fino a poter volare in alto verso la comprensione più profonda – il samadhi- il pensiero non è consentito in asana.

Al contrario è consigliato durante il mantenimento della postura statica, mantenere la consapevolezza sul movimento del respiro, in modo da evitare le interferenze dovute ad un’attività mentale spesso vivace.

Poiché anche le emozioni influenzano il grado di tensione muscolare :  concentrando la mente sull’infinito,  dove la qualità di ascolto del corpo assume  uno stato meditativo, consapevole ed accogliente si permette di attivare tutta una serie di meccanismi riflessi e di autoregolazione muscolare assai diversi da quelli volontari con i quali impostiamo solitamente le nostre posizioni. saranno proprio questi meccanismi di assestamento e di micro aggiustamento interno,  che  permetteranno  di mantenere le posizioni statiche con  crescente  agio e stabilità. Ed è per questo che le gli asana vengono mantenuti per un certo periodo di tempo : il corpo ha bisogno del tempo necessario, solo  dopo aver sciolto le tensioni più grossolane potrà, scendendo più in profondità, arrivare a sciogliere anche quelle più sottili.

Ma questo si impara un po’ alla volta e i benefici incontrati di volta in volta, ci daranno lo stimolo per proseguire lungo questo cammino con entusiasmo e convinzione. gli asana sono soltanto una delle opportunità indicate da Patanjali, ma sono una premessa favolosa che ci introduce  su questa via dove il visibile e l’invisibile non sono più così separati fra loro ma confluiscono l’uno nell’altro  come dentro uno spazio sacro.

Praticando gli asana dello yoga  noi possiamo acquisire tutti gli strumenti necessari  che serviranno da anticamera per proseguire il percorso verso la meditazione. Di seguito potete visionare come su un poster le principali asana dell’hatha yoga.

(Articolo scritto da Manola Bastoni – insegnante di yoga presso Yoga Time-Spazio per la cura del sé asd)