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Come orientarsi nello yoga. Imparare a sviluppare una buona Sadhana quotidiana

Come orientarsi nello yoga. Imparare a sviluppare una buona Sadhana quotidiana

Yoga sadhana sta ad indicare qualcosa in più della semplice pratica di Asana che viene svolta sul tappetino una o due volte la settimana in un centro di yoga.

Spesso si dà per scontato che basti praticare un corso per due volte la settimana per un certo periodo di tempo per raggiungere dei risultati concreti e non si riconosce, invece, la necessità di sviluppare una buona Sadhana quotidiana.

La nostra società, il nostro mondo così come oggi lo vediamo ha un gran bisogno di ritrovare il senso della spiritualità e una buona sadhana quotidiana, vista come l’insieme di tutte le pratiche, i rituali e delle austerità cui attingere con regolarità e concentrazione è la strada per ottenere moksha – la liberazione.

Sadhana: intento, continuità, finalità

Ogni giorno lo yoga ma anche le varie fasi della nostra vita richiedono una buona sadhana personale. Nell’ambito dello studio, del lavoro, della famiglia, qualsiasi obiettivo vogliamo raggiungere necessità di un allenamento, di un intento chiaro, costante e finalizzato al raggiungimento dello scopo prefisso.

Oggi si fa un gran parlare di yoga e si tessono intorno a questa parola spesso accessori allettanti quanto superflui per la crescita personale e per coloro che da semplici praticanti si prefiggono appunto di diventare dei sadhaka, ovvero degli aspiranti spirituali.

Sui social troviamo una quantità di video e di immagini raffiguranti le posizioni più complesse ed atletiche e l’importanza che viene data all’esercizio fisico prende spesso il sopravvento su tutto il resto.

Stare bene con il nostro corpo è molto importante, e allenarlo sapientemente restituisce una capacità di contatto e di intimità personale necessarie alla nostra esistenza. Anche nello yoga l’esercizio fisico può regalarci un senso di grande benessere se inserito all’interno di una buona sadhana che, in modo costante e progressivo lo renda trasformativo e di beneficio in modo più duraturo per il corpo, per la mente, per la vita.

Ad ogni personalità il suo tipo di yoga

Adotteremo il tipo di yoga o di pratica lasciandoci guidare dalla nostra sensibilità, dalle nostre naturali inclinazioni: potremmo aver bisogno di orientare il nostro impegno verso una pratica più meditativa oppure ritualistica, come potremo sentire la necessità di un lavoro in grado di rendere il corpo meno spigoloso e la mente più aperta, ma anche di adottare una alimentazione più idonea, e infine tutte queste cose insieme a sostegno della nostra crescita.

Durante un corso di yoga, in realtà prendiamo consapevolezza di chi siamo e acquisiamo i mezzi che servono per sviluppare quella conoscenza di sé che chiamiamo atman – anima – per poi far partire da lì anche le azioni e i comportamenti della nostra quotidianità.

Importante infatti è non dimenticare che lo yoga non è avulso dalla vita e quello che siamo e incontriamo sul nostro tappetino, con pregi e difetti, lo portiamo anche nel mondo così com’è. Sviluppare una buona sadhana personale offre la possibilità di incontrare le emozioni disturbanti di trasformarle e rendere così più felici noi stessi e le persone intorno a noi.

Una buona sadhana personale alla fine è un obiettivo da perseguire da chiunque, a prescindere dall’essere o meno praticanti o insegnanti di yoga. Un obiettivo che per essere efficace presuppone però impegno e dedizione.

Anche la preghiera, alla stregua della recitazione di un mantra, per una persona credente rappresenta una buona sadhana, un sostegno cui fare riferimento per la vita, ma solo se praticata con continuità e convinzione.

L’importanza della pace

Il risultato cui mirare per il nostro bene e per il bene degli altri attraverso la sadhana personale? Generare sentimenti di pace.

La pace non è qualcosa che accade ma va conquistata e durante la sadhana il lavoro sulle polarità è fondamentale: incontrare la nostra rabbia, la nostra paura il nostro scontento e indirizzare i nostri pensieri verso le polarità opposte è un allenamento intenso, sicuramente difficile ma importantissimo.

Un piccolo grande seme che possiamo piantare per la pace nostra e del mondo.

Quindi? Incontriamoci sul tappetino!

Porta nella tua vita il benessere dello yoga. Guida alle posizioni fondamentali per avere subito un approccio corretto.

Porta nella tua vita il benessere dello yoga. Guida alle posizioni fondamentali per avere subito un approccio corretto

La recente condizione pandemica appena attraversata e non ancora del tutto conclusa ci ha portato a considerare, e in molti casi anche in modo piuttosto imperativo, l’importanza di portare nella vita il benessere dello yoga per contrastare gli effetti fisici, ma anche e soprattutto emotivi legati ad un lungo periodo di chiusura e di disagio relazionale.

Inutile ricordare quanto per ogni individuo costituito di corpo, psiche e spirito, la salute rappresenti la logica conseguenza di un funzionamento armonico di queste tre componenti.

Non a caso anche in campo medico scientifico si inizia a rivolgere una sempre maggiore attenzione anche alla sfera emotiva della persona e alle  possibili conseguenze esercitate anche a livello biologico e funzionale dal peso delle  emozioni negative ed inespresse.

Come ritrovare l’equilibrio con le mosse di yoga

La malattia, secondo lo lo yoga, non è da imputare  soltanto al mal funzionamento di un  organo, bensì alla rottura di  equilibrio  che ha determinato l’origine di quel determinato disturbo.

A ben vedere lo yoga propone alla persona una guida alle posizioni fondamentali per avere subito un approccio corretto ma soprattutto per risvegliare nell’organismo la sua capacità implicita ad autorigenerarsi  e a ritrovare così l’equilibrio perduto.

Attraverso le mosse di yoga durante lo svolgimento della  pratica è possibile accorgersi della modalità di approccio spesso scorretta usata nel rivolgere l’attenzione al corpo. Modificandola ci  apriamo al grande dono di questa disciplina: portare nella vita il benessere dello yoga.

Un benessere che deve essere necessariamente a 360 gradi se vogliamo considerarci in equilibrio e in buona salute.

La strategia dello yoga

L’approccio corretto  consiste, alla fine, nella comprensione profonda che la strategia dello yoga va dal centro verso la periferia abbracciando interamente la struttura psicofisica della persona, nessuna esclusa.  Allo stesso modo le mosse di yoga, cosiddette posizioni fondamentali, così come lo yoga per la schiena non si preoccupano solo di risolvere un disturbo come appunto un mal di schiena ricorrente,  ma andranno a mettere in luce  le cause  spesso psico attitudinali che lo hanno provocato.

Un’indagine di  yoga posturale terrà conto sicuramente dell’assetto muscolo scheletrico della persona senza dimenticare però di osservare la persona nella sua totalità di insieme e di espressività, cercando di cogliere le cause che possono aver determinato certe disarmonie, come ad esempio situazioni di forte stress per poi  indirizzare la pratica nel modo più corretto ed efficace possibile.

La grande risorsa dello yoga infatti è insegnare a tenere in  considerazione anche l’aspetto psicosomatico di un disturbo espresso a livello fisico e magari non risolto dalle terapie più tradizionali, permettendo così di prendere distanza da una spesso eccessiva auto-medicalizzazione.

Come valutare le controindicazioni dello yoga. Gli errori da evitare, le posizioni più indicate

Come valutare le controindicazioni dello yoga. Gli errori da evitare, le posizioni più indicate.

È bene ricordare che una pratica, se sapientemente condotta da un insegnante esperto ed attento, non dovrebbe comportare alcun tipo di controindicazioni per chi la pratica.

La pratica dello yoga si pone da sempre come obiettivo il benessere delle persone. Tuttavia, come per tutte le attività e le terapie, occorre valutare la presenza nello yoga di controindicazioni, al fine di limitare al massimo gli effetti non desiderati.

In primis non nuocere

Si tratta di un assunto da tenere sempre presente quando rivolgiamo la nostra attenzione alle persone, sia che si tratti di un principiante, che di un praticante più esperto.

Nella strategia dello yoga è importante rispettare l’individualità di ogni persona. Ogni persona non ha solo un corpo, ma una storia personale e un bagaglio fatto di emozioni e di ricordi e resistenze, che si traducono spesso in chiusure e contrazioni strutturali a volte in modo molto profondo.

Allo stesso modo nello yoga le controindicazioni, al di là di quelle più grossolanamente generiche, vanno valutate sulla scorta della struttura della singola persona, in modo da adattare la pratica alle sue specifiche necessità.

Per questo, rispetto alla ginnastica, lo yoga ritiene consigliabile partire il più possibile da un’indagine conoscitiva e visiva da parte dell’insegnante.

Ho sempre pensato che il ruolo di un insegnante sia principalmente quello di accompagnare la persona ad ascoltare il corpo, entrando in contatto con i limiti e le chiusure espresse in modo non conflittuale, ma attraverso una relazione gentile ed amichevole.

Cambiare il modo di relazionarsi col corpo sarà il miglior modo per comprendere nello yoga benefici e controindicazioni.

Posizioni raccomandate e da evitare

Lo yoga ci offre un vasto corollario di asana da insegnare e da praticare.

Nell’immaginario collettivo di molti praticanti, assumere sirsasana – la posizione sulla testa – rappresenta quanto di meglio si possa ottenere dalla pratica. A prescindere da quanto asserito dalle varie correnti di pensiero, alcune delle quali mettono in guardia dalle controindicazioni di questa posizione, è bene ricordare che la posizione sulla testa, insieme alle posizioni di equilibrio più complesse, non sono certamente fra quelle più indicate da proporre a dei principianti e per i quali esistono delle asana intermedie in grado di apportare gli stessi benefici.

Allo stesso tempo anche assumere posizioni apparentemente più semplici, ma non sufficientemente preparate e adeguatamente controbilanciate sono da considerare errori fondamentali da evitare.

Solo a titolo di esempio, prendere una posizione come halasana – aratro- senza una attenta preparazione del tratto cervicale può rappresentare una superficialità nella dinamica della pratica che può dare luogo a non pochi problemi.

Anche l’esecuzione di alcuni esercizi di pranayama andrà correttamente modulata in modo da non provocare effetti e sensazioni sgradevoli quali ad esempio una eccessiva iperventilazione.

Mezzi di regolazione interni ed esterni

Sthira sukha asanam: solo quando una posizione viene mantenuta in modo stabile e comodo sarà possibile rivolgere l’attenzione all’interno. Ascoltare il corpo, acquietando la mente ci rende attenti alle sue necessità reali mettendoci così al riparo anche da eventuali infortuni.

Il praticante, dietro il suggerimento opportuno dell’insegnante, potrà far uso di strumenti e di piccoli accorgimenti allo scopo di assumere le posizioni senza sforzo e di poterle poi mantenere in modo assolutamente confortevole.

Fra i mezzi regolatori esterni si raccomanda l’uso di blocchi, cinghie e cuscini.

Alcune posizioni come marjariasana o posizione del gatto – può avere come controindicazione nelle persone meno esperte la dolenzia dell’articolazione dei polsi, causa di una distribuzione eccessiva del peso sulle mani: il suggerimento di piegare i gomiti per portare gli avambracci a terra rappresenta un mezzo di regolazione interno per ottimizzare piacevolmente l’esecuzione del movimento.

Controindicazioni yoga in gravidanza

Un’attenta valutazione nello yoga delle controindicazioni deve essere esercitata e approfondita soprattutto in alcuni tipologie di pratica, come ad esempio lo yoga in gravidanza.

In questo caso affidarsi alle indicazioni di un insegnante preferibilmente formata con apposito percorso sulle tecniche di yoga prenatale, è un aspetto sicuramente importante legato alla necessità di suggerire le posizioni più indicate e soprattutto di renderle progressivamente adattabili alle varie fasi della gestazione.

Allenare il corpo con lo yoga dinamico

Allenare il corpo con lo yoga dinamico. Le posizioni per aumentare la forza, la flessibilità e potenziare la meccanica respiratoria grazie al Vinyasa.

Lo yoga dinamico è uno stile che vuole unire lo yoga più tradizionale a quello più moderno. È una pratica sicuramente più attiva e impegnativa rispetto allo yoga più tradizionale e per questo meno adatta ai principianti.

A coloro che desiderano comunque partire con questo tipo di pratica, è consigliabile iniziare da un livello base per poi arrivare un poco alla volta a lezioni più complesse. In questo modo si rispetta l’esercizio fondamentale di una progressione sempre graduale e consapevole.

Lo yoga dinamico porta benefici fisici. Si può infatti allenare il corpo con lo yoga dinamico, ma in modo molto diverso dalla ginnastica. Diversamente da quest’ultima, ogni singolo movimento e posizione viene svolta in perfetta sincronia con il respiro. Tutte le asana, comprese le varianti del saluto al sole sono scandite dal  ritmo respiratorio di ogni praticante.

Yoga dinamico o Vinyasa yoga

La pratica del Vinyasa yoga, la cui paternità viene  attribuita agli insegnamenti del maestro krishnamacharya, viene definita in occidente come yoga dinamico.

Yoga dinamico che prevede appunto l’esecuzione di asana in rapida successione e in stretto coordinamento con il respiro. In questo modo la pratica di yoga dinamico può diventare una danza dove il corpo impara a muoversi e a fluire attraverso la musicalità del respiro: una tecnica appunto chiamata Vinyasa o anche Vinyasa yoga flow.

Yoga dinamico e benefici

Le posizioni proposte dallo yoga dinamico sono utili per aumentare la forza e la flessibilità della struttura muscolo scheletrica in chi lo pratica. Inoltre, grazie alla profonda coordinazione tra movimento e pranayama,  i benefici possono estendersi in modo efficace a tutto l’organismo. Sia da un punto di vista funzionale, che biologico.

Infatti, la migliore ossigenazione influenzerà positivamente i sistemi di tutto il corpo a partire da quello respiratorio, cardiocircolatorio, ormonale, endocrino e così via, restituendo alla persona una maggiore vitalità, resistenza e senso di benessere.

Yoga dinamico e benefici sul piano mentale, non sono da trascurare. Se è vero che a un corpo rigido corrisponde una mente altrettanto rigida e viceversa,  alla fine della pratica, grazie alla maggiore fluidità fisica e respiratoria acquisita, sarà possibile riscontrare insieme a una maggiore leggerezza e calma mentale, anche una migliore lucidità e capacità di concentrazione. Da questo punto di vista questo stile può essere di beneficio anche a quelle persone che soffrono di lieve depressione dell’umore.

Un altro beneficio dello yoga dinamico, nel lungo periodo, è quello di aiutare la persona a perdere peso. Questo avviene grazie al potenziamento della meccanica respiratoria e alla conseguente maggiore ossigenazione dei tessuti, che induce la combustione delle cellule adipose.

Le posizioni dello yoga dinamico

Le posizioni dello yoga dinamico sono le stesse del più ortodosso Hatha yoga. Quello che le differenzia è l’aspetto notevolmente più dinamico del primo rispetto alla maggiore staticità delle posizioni del secondo.

Solo a titolo di esempio, di seguito alcune fra le asana principali e più conosciute:

  • adho mukha svanasana  – cane a faccia in giù
  • chaturanga dandasana – il bastone
  • bujangasana – il cobra

La progressione dinamica e ripetuta di queste tre asana consentirà di rinforzare in modo adeguato la schiena e gli arti, consentendo di passare progressivamente a posizioni più complesse.

Come sappiamo, la pratica yoga è una “esperienza terapeutica totalizzante”. Ovvero, in grado di rivolgersi alla persona nella sua interezza e atta a promuovere un profondo stato di rilassamento e di calma interiore, e qui anche lo yoga dinamico non fa differenza.

YOGA DOCET: L’IMPORTANZA DI COLTIVARE UNA CHIARA VISIONE

YOGA DOCET: L’IMPORTANZA DI COLTIVARE UNA CHIARA VISIONE

Abitualmente tendiamo ad esercitare un controllo pressoché costante sulla nostra vita e sulle nostre emozioni senza accorgerci che in realtà, altro non siamo che dei processi che elaborano e attraverso i quali la vita si esprime.

L’esercizio del controllo si interfaccia con i nostri sentimenti di paura  e di incertezza legati alla effimerità della nostra esistenza. Nel tentativo di porci al riparo da quella che consideriamo essere l’imprevedibilità della vita cerchiamo rifugio in un mondo fatto di parole, di concettualizzazioni e di abitudini.

Rispondiamo costantemente alla necessità di definire, etichettare tutto ciò che riteniamo appartenere alla nostra realtà, ripetiamo percorsi e gesti già rivisti come se questa ritualità potesse in qualche modo garantirci un maggiore margine di sicurezza e di tranquillità.

La necessità di restare nella zona comfort

In realtà questo rimanere ancorati a quella che riteniamo la nostra “zona di comfort”, a lungo andare inquina la nostra capacità di visione, il nostro sguardo diviene concentrico e restando imbrigliati nelle nostre abitudini finiamo per spegnere la nostra creatività.

Se provassimo ad ascoltare le nostre parole nel momento in cui le pronunciamo, collocandoci quali testimoni esterni, potremmo accorgerci quanto il nostro linguaggio non sia pulito, bensì carico del nostro vissuto, dei nostri condizionamenti e quanto anche i nostri gesti siano spesso automatici e distanti dal nostro sentire. Questa mancanza di visione e di comprensione diretta determina nel tempo un impatto negativo sul nostro sistema nervoso, rendendoci agiti e reattivi. Ed è questo il motivo per cui molte  persone vivono la loro vita  improntata ad uno stato di  costante inquietudine e insoddisfazione, piuttosto che di calma e di serenità.

In quanto esseri viventi siamo chiamati ad avere una visione diretta di noi stessi, degli altri e delle cose del mondo: una visione chiara, lucida in grado di collocarsi al di là delle parole e di tutte le nostre possibili variabili interpretative.

Educare la mente

Quindi, anziché controllare la nostra vita dovremmo essere in grado di controllare la nostra mente, poiché se questa è diseducata ed ammalata a lungo andare anche il corpo ne seguirà la medesima sorte.

L’immagine può essere quella di un corpo lasciato in balia di una mente incontrollata alla stregua di una macchina senza freni. E lascio a voi dedurre cosa può succedere.

Ecco perché Patanjali enfatizza il controllo dello stato mentale e attraverso Yama – il primo degli otto stadi- ci indica la strada dell’autodisciplina attraverso la quale riprendere le redini della nostra mente.

Semplificare per alleggerire

Attraverso i nostri mi piace e non mi piace, le nostre avversioni e attaccamenti – raga e devsa – finiamo per opacizzare  la realtà così come naturalmente appare. Senza rendercene conto operiamo costantemente uno scollamento, un braccio di ferro  tra ciò che è nella natura delle cose e ciò che invece vorremmo che fosse e alla fine del quale risultiamo inevitabilmente perdenti.

Occorre semplificare. Si tratta essenzialmente di rendere più semplice la modalità con la quale siamo soliti rapportarci a noi stessi e a tutto il resto.  Si tratta di alleggerire togliendo tutte le infrastrutture operate da una mente confusa e timorosa per tornare a vedere le cose come sono realmente.

Lasciando cadere le impalcature mentali e il vocio interminabile delle parole, l’agitazione mentale si arresta  e lo yoga  si manifesta per quello che è realmente : la disciplina della percezione.

Rapporto di non violenza con noi stessi

Nella pratica significa darci la possibilità di costruire un rapporto di non violenza a partire dalla nostra fisicità. Un rapporto che abbia a che fare con  il corpo per quello che è, senza più esercitare su di esso alcuna forzatura. L’esperienza di una quieta e agevole immobilità in asana ci permette di cogliere più in profondità la dinamica respiratoria, dove in particolare l’espiro e la pausa successiva rappresentano una resa, un arrendersi alla “non azione” a vari livelli: un luogo dove poter ristabilire nuovamente una relazione diretta tra l’attività mentale e la percezione della realtà per quello che è.

Occorre ancora una volta uscire da Avidya, la falsa conoscenza che rappresenta fondamentalmente  l’ignoranza riguardo la nostra natura essenziale che non riusciamo a cogliere perché concettualmente sommersa. Nel continuare ad attribuire carattere di verità assoluta alla percezione della dualità dei fenomeni, anziché attribuirla al linguaggio, ai ricordi e alla nostre preferenze, alimentiamo la confusione e il conflitto.

Patanjali nel suo Sadhana Pada  dedica il sutra 17 proprio a  questa questione, ovvero alla confusione che siamo soliti esercitare fra parola, cosa reale e l’idea che abbiamo delle cose, la sovrapposizione delle quali genera equivocità.

Gli equivoci generati da questo stato di cose, come suggerisce Patanjali  sono la fonte  di tutti gli ostacoli e causano effetti dolorosi nelle azioni che svolgiamo.  Occorre sviluppare  un antidoto : educare la mente, renderla nuovamente in grado di perseguire ciò che anche la tradizione buddhista e la vipassana indicano come  Radiosa Chiarezza, quale sorgente imprescindibile del nostro equilibrio interiore.

Cambiare sguardo

Questo tempo così destrutturato che stiamo vivendo potrebbe essere l’occasione per provare a cambiare questo tipo di sguardo, iniziando da noi stessi per lasciarlo poi allargare a tutto il resto. In un’era purtroppo sempre più dominata da scenari impoveriti e confusi, l’idea è quella di trovare un modo dove scambiare dei contenuti diversi, dove anche la pratica dello yoga possa muoversi verso direzioni più autentiche e l’esperienza di vita tornare ad essere gioiosa.

Si fa un gran parlare di consapevolezza, e oggi quasi tutte le pratiche che girano intorno al benessere dell’uomo mirano ad ottenere questo stato a garanzia di uno stato di prevenzione e recupero  da stati di sofferenza e quale preludio di una condizione di vita piena ed equilibrata.

In realtà la consapevolezza non è qualcosa che si deve ottenere o acquisire o aggiungere a quello che già siamo. E’ qualcosa che è sempre con noi, è quella risorsa sempre disponibile, a portata di mano che attende solamente di essere risvegliata per tornare a vedere le cose per quello che sono, posta al servizio della nostra crescita evolutiva individuale e di specie.

Come arrivare all’equilibrio interiore

Siamo continuamente esposti alla sollecitazione dei nostri sensi e questo inevitabilmente agita la nostra mente e ci allontana da quella pace interiore che è indispensabile per il funzionamento di tutto il nostro organismo. Quando la mente non è rilassata è facile preda delle nostre emozioni e questa condizione crea delle contrazioni mentali potenti che a loro volta vanno a contrarre la nostra muscolatura  creando le disarmonie posturali. Si innesca un meccanismo che dalla mente va al corpo e dal corpo alla mente incessantemente. Abbiamo detto che la pratica è una ricerca di spazio e lo spazio indica una forma di libertà. L’importanza quindi di restituire spazio prima di tutto alla nostra mente avere una mente rilassata per ricondizionare positivamente tutta la nostra struttura.

Quando perdiamo uno stato di equilibrio interno lo perdiamo principalmente per una serie di contrazioni mentali che creano squilibrio fra i due emisferi cerebrali. Quando la natura dei nostri pensieri, come spesso succede, entra in uno stato di ripetitività quasi ossessiva, questo prenderà spazio all’interno del nostro cervello andando ad influenzare negativamente la plasticità neuronale. I pensieri afflittivi e ripetuti creano dei  solchi, delle trascrizioni a livello cerebrale che nel tempo possono portare a delle modificazioni neurologiche anche importanti. Inoltre è stato documentato come un’eccessiva sollecitazione e contrazione di uno dei due emisferi possa sollecitare l’apparato muscolo scheletrico e portare anche ad  uno spostamento interno della massa viscerale.

Shanmukhi Mudra

Da quanto detto appare chiaro quanto la nostra mente possa essere considerata la centralina di tutto il nostro sistema psicofisico.Prendersi cura della nostra mente è sicuramente  la strategia migliore per recuperare o mantenere uno stato di equilibrio fondamentale per la nostra salute.

Spesso passiamo da una cosa all’altra al pari di una scimmia inquieta e insaziabile. La pratica di una mudra in particolare ci può aiutare ad ottenere una mente rilassata chiudendo i nostri sensi alle percezioni esterne: SHANMUKHI MUDRA può favorire il viaggio della nostra attenzione dall’esterno all’interno, dall’agitazione alla calma.(ShanmuKhi = chiudere le sei porte della percezione esterna)i due occhi, le due orecchie, il naso e la bocca per favorire l’introspezione ed impedire la dispersione del prana e dell’energia vitale. Favorisce l’equilibrio mentale e la concentrazione e prepara alla meditazione.

Lo yoga ci insegna ad essere nel gesto in modo totale. A volte quando prendiamo una posizione abbiamo la sensazione di non sviluppare uno stato di sincronia, di propriocezione piena quello stato in grado di restituirmi una condizione di benessere e di piena soddisfazione che nasce dalla percezione del mio corpo in movimento nello spazio, a prescindere dal livello di postura che sto eseguendo. E’ quel sentimento di sensualità appagante che si manifesta ed in grado di essere in totale sintonia con quello che sto svolgendo attraverso il corpo. Pensando alla sensualità come uno degli aspetti importanti della nostra vita, insieme al trarre il giusto nutrimento dal buon cibo, al dormire bene e non solo circoscrivibile al solo atto sessuale, ma come momento imprescindibile dell’equilibrio psicofisico della persona  Ho sempre pensato che lo yoga sia lo strumento più importante in grado accompagnarci a ri-innamorarci di noi stessi.