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Se ti immergi in apnea puoi potenziare la respirazione grazie alle tecniche di pranayama

Se ti immergi in apnea puoi potenziare la respirazione grazie alle tecniche di pranayama

Da Mayol a Pellizzari, tutti i grandi apneisti hanno utilizzato lo yoga in apnea

L’obiettivo principe dello yoga è quello di aiutarci a ristabilire una connessione profonda e una capacità di ascolto al nostro interno, tale da restituirci una chiarezza e una visione aperta e diretta rispetto a quella che è la nostra vita. Oggi faremo un approfondimento sullo yoga e l’apnea, per capire quale sia il collegamento tra queste due discipline.

Yoga e attività sportive: i vantaggi

Vivere il presente e affrontare la quotidianità con una maggiore presenza  ed attenzione concentrativa ci accompagna  ad affrontare tutte le attività, non ultime quelle sportive, con una predisposizione fisica, emotiva e mentale sicuramente vincente.  Il recupero di una respirazione più efficiente, ristabilita grazie alle tecniche di pranayama, unitamente all’esercizio con gli asana,  consente  al nostro apparato muscolo scheletrico, al sistema circolatorio e, per la migliore ossigenazione distribuita, a tutto il nostro organismo di funzionare al meglio delle sue possibilità.

Inoltre, il ritrovato contatto con le percezioni e le sensazioni corporee ci predispone ad un maggiore ascolto anche riguardo i nostri limiti e le nostre difficoltà, invitandoci al rispetto e alla calma e mettendoci così al riparo da sforzi inutili e da possibili infortuni.

La cosa straordinaria di questa disciplina  è che se ci concediamo di perseverare nella sua pratica con costanza e regolarità essa ci apre  la strada, poco alla volta, alla comprensione non solo di chi siamo ma anche di come funzioniamo internamente.  Lo yoga ci rimanda infatti alla necessità di sviluppare una capacità di visione che ha più a che fare con uno sguardo interno piuttosto che quello filtrato attraverso i nostri occhi fisici: normalmente la scarsa attitudine di esplorare il nostro interno e di soffermare l’attenzione per lo più sul solo aspetto esteriore, non ci consente di incontrare l’esperienza piena di una struttura ben più profonda, che sostiene, stabilizza ma  che anche  condiziona  e rappresenta il riflesso della forma che vediamo.

Discipline sportive e Yoga: una connessione sempre più forte

Nonostante  la notorietà che lo yoga sta assumendo negli ultimi anni, non sono ancora molte  le persone oggi  in grado di riconoscere la capacità di questa disciplina nello sviluppare e potenziare la forza, la resistenza muscolare anche respiratoria e quindi l’efficienza del sistema cardiovascolare.

Attualmente sono invece sempre più  numerose  le discipline sportive che si avvalgono della pratica dello yoga  ed è ormai noto quanto  gli atleti olimpionici riescano ad ottimizzare le loro prestazioni, con l’aiuto della pratica degli asana, della concentrazione  e in particolare con il potenziamento della loro capacità respiratoria  grazie alle tecniche di  pranayama.

Un esempio?  Tite Togni, atleta ed insegnante di yoga certificata .  L’atleta yogini, forte della sua specializzazione in “yoga for runners” ha partecipato alla gara  forse più famosa del mondo la “Ultra Rail del Monte Bianco” classificandosi terza fra le atlete italiane e addirittura  52.ma su 400 atlete. “ E’ merito dello yoga– sottolinea la Togni – così in alto ti porta più la testa che la gamba” .A sottolineare quanto una mente calma e concentrata e una respirazione adeguata siano in grado di  accompagnare il corpo al raggiungimento di obiettivi inizialmente insperati.

Yoga e apnea subacquea

In questo contesto vogliamo, però, rivolgere la nostra attenzione ad un’attività in particolare quella dell’apnea subacquea. Attualmente, un numero sempre crescente di persone desiderose di esplorare le profondità del fondo sommerso ha portato alla realizzazione di numerosi siti e centri di freediving sparsi in Italia e in tutto il mondo  dove poter organizzare meeting e vacanze all’insegna delle immersioni nelle varie profondità, in modo professionale ed assistito.

Nel parlare di questa disciplina sportiva non possiamo non  parlare di grandi apneisti quali Jacques Mayol e Umberto Pellizzari. In particolare, vorrei focalizzare la vostra attenzione su colui che è stato ed è ancora  considerato fra i più grandi apneisti di tutti i tempi: Jacques Mayol, detentore per ben dieci volte del record mondiale di apnea a  partire dagli anni 80.

L’eccezionalità dei  record raggiunti farebbero pensare a Mayol come ad uomo con delle capacità fisiche di gran lunga superiori alla media, In realtà viene descritto come un uomo normalissimo, con una capacità toracica media e con delle prestanze solo apparentemente inferiori a quelle di Mayorca suo grande rivale di apnea.

Un uomo normale che  ha dimostrato a tutti  scendendo nelle profondità, oltre ogni paura, di essere in grado di fare cose incredibili come convogliare e dirigere le energie nell’organismo, rallentare o accelerare certi processi vitali come il battito cardiaco e la respirazione sfruttando la disciplina dello yoga in apnea.

Il successo di Mayol, insegnante di apnea di profondità  e insegnante di  yoga, dopo i ripetuti viaggi in Oriente, nasce da una profonda e sperimentata intuizione che è diventata poi la base sulla quale verranno fissati i nuovi pilastri della  preparazione subacquea.

Grazie a lui il mondo delle immersioni in apnea cambia completamente. La genialità di Mayol consiste nell’aver introdotto nella preparazione alla subacquea il binomio yoga apnea, dando prova di come ottimizzare le prestazioni  in apnea grazie alle tecniche di pranayama   garantisca dei margini importanti sia in termini di maggiore sicurezza che di  prestazioni migliori. Prima di lui, infatti, la preparazione per l’apnea di profondità si orientava essenzialmente  su tecniche a lungo andare pericolose come l’iperventilazione. Attualmente  lo yoga e le tecniche di pranayama sono ormai parte essenziale delle preparazione per tutti coloro che praticano apnea a diversi livelli.

Lo yoga e gli elementi acqua e aria

Il suo contributo più importante riguarda la conoscenza del comportamento umano sott’acqua: Mayol sostiene che l’uomo al pari dei mammiferi marini possiede in natura una migliore capacità respiratoria, che se adeguatamente potenziata, prevalentemente,  con  le tecniche respiratorie di pranayama può consentirgli di arrivare a trattenere il respiro e quindi uno stato di apnea fino a venti minuti.

Del resto yoga ed elemento acqua hanno in comune una affinità elettiva: la fluidità. E dal momento che il nostro corpo è composto per più del 70% di acqua, possiamo anche  immaginare quanto  il recupero di una respirazione profonda e ben indirizzata ci dia la possibilità di usufruire al meglio di questo scambio osmotico di fluidi, che va dall’interno verso l’esterno e viceversa, regalandoci il senso pieno dell’unità e della continuità.

Per Mayol immergersi in apnea equivale ad un’azione integrante, dove l’ambiente, in questo caso   l’acqua, deve poter rappresentare  un luogo ospitante e rassicurante. È come il liquido amniotico  in cui restiamo fino al momento della nascita e per questo in grado di  ricollegarci in modo profondo al senso della vita.

Mayol fornisce anche  delle indicazioni sulle tecniche respiratorie da adottare al fine dI rendere ottimale a coloro che praticano l’immersione questo rapporto tra yoga e apnea  da lui sperimentato e applicato  in prima persona.

Yoga e apnea: la respirazione diaframmatica

Il punto focale è l’esperienza della respirazione diaframmatica in apnea, conoscere a pieno lo sviluppo muscolare dell’azione  respiratoria, imparare a esercitarla e a controllarla, comprendere  lo scambio dei volumi pressori all’interno del corpo è fondamentale per mantenere  l’apnea in tranquillità.  A titolo di esempio, una tecnica adeguata allo scopo può essere quella della respirazione frazionata – Viloma pranayama- una tecnica in grado di rafforzare la capacità polmonare esercitandola gradualmente  alle ritenzioni del respiro. Lo scopo è quello di porre le condizioni  per gestire  al meglio le immersione in profondità attraverso un assetto costante e garantito da un equilibrio  non solo fisico ma anche mentale ed emozionale.

Umberto Pellizzeri, altro  campione italiano di apnea, partendo dal percorso di yoga apnea tracciato dal suo predecessore, propone nella sua Apnea  Academy  una sorta di cross training tra yoga e apnea, aria e acqua, che include nelle tecniche di preparazione  per gli aspiranti sub,  oltre alla pratica del pranayama  anche quella di asana specifici volti al potenziamento aerobico del respiro e al rallentamento dei battiti cardiaci come ad esempio le posizioni capovolte.

Viene, inoltre più recentemente  documentato, come la pratica costante della meditazione sia  un ulteriore  punto di forza importantissimo poiché permette agli atleti non solo di gestire l’emotività e di mantenere un necessario stato di calma per tutto il tempo dell’immersione, ma anche di facilitare un più veloce recupero in caso di infortunio.

Grazie al conforto dello  yoga, l’apnea è diventata l’occasione per praticare la subacquea in grande sicurezza, un’occasione per divertirsi e sperimentare un senso profondo di fluidità, di libertà e di unità in simbiosi con l’elemento circostante: una forma di meditazione praticamente perfetta.

Occorre ri–orientarsi verso la tradizione. Parte seconda. HATHA YOGA

Occorre ri-orientarsi verso la tradizione. Parte seconda. HATHA YOGA

Prima di parlare dell’Hatha Yoga, protagonista di questo articolo, diciamo che l’universo dello Yoga è molto ampio ed è costituito da varie forme, ognuna delle quali ha radici antichissime e profonde. Attualmente, in Occidente esiste la cattiva abitudine di adattare lo Yoga  alla richiesta di un pubblico sempre più esigente. Sono nate così delle “tipologie di Yoga” che non hanno niente a che vedere con questa antichissima e nobile disciplina.

Parlo di ginnastiche che non si basano su nessuna delle dottrine e delle peculiarità che sono state accuratamente tramandate nei secoli. Vengono semplicemente utilizzate le posizioni proposte, spogliandole di ogni loro ricchezza simbolica ed energetica, ignorando le caratteristiche fondamentali dello Yoga. Questa a mio avviso è una mancanza di rispetto imperdonabile. È come un sopruso nei riguardi di una dottrina che si vede privata di tutte le sue potenzialità.

Analizzando le varie forme di Yoga che sono arrivate a noi grazie a testi antichi, che hanno codificato le loro caratteristiche, possiamo subito accorgerci come esse sono strettamente in relazione tra di loro. Ognuna ha bisogno dell’altra per completarsi e determinare un percorso stabile e progressivo che ci porta al fine ultimo.

Hatha Yoga

Hatha Yoga letteralmente significa  “Yoga dello sforzo” e quindi implica un elemento di forza ed energia. Tale sforzo, può essere identificato come l’intenzione di eseguire e mantenere le varie posizioni che lo rappresentano, ma anche come la forte determinazione a eseguire la pratica con costanza per raggiungere uno stato di meditazione profonda.

Certamente la componente fisica è fondamentale in questa forma di Yoga. Tuttavia, non dobbiamo fare l’errore di identificarla con una semplice ginnastica. Sono molteplici gli elementi che compongono questa disciplina e ognuno rappresenta una parte integrante che non deve essere trascurata.

In Occidente è stato erroneamente identificato con una “super ginnastica” che ha il fine di ottenere un’ottima forma fisica. Non è mia intenzione smentire questa credenza. In, effetti le posizioni e le pratiche che la compongono aiutano a conseguire uno stato di salute fisico. Ma non è questo il suo fine. In realtà, il corpo è uno dei tanti strumenti utilizzati da questa disciplina per raggiungere l’unione tra il microcosmo individuale e il macrocosmo universale. Quindi forse “Unione” è la parola che più la identifica, infatti il termine yoga letteralmente significa “soggiogare”, “unire” appunto.

Unione tra il corpo e la mente, unione con l’universo, unione dell’inspiro e dell’espiro, per raggiungere uno stato di non dualità e di perfetto raccoglimento (Samadhi).

Gli elementi fondamentali

Shatkarma, i sei atti di purificazione, utilizzati per eliminare le impurità dall’organismo. Ad esempio “Nati” è la pulizia del naso e “Kapalabati” la respirazione addominale rapida;

  1. Asana, sono le posizioni, spesso accompagnate da contrazioni  (Bhanda)
  2. Pratyahara, che consiste nel ritiro dei sensi dagli oggetti esterni verso l’interno.
  3. Mudra, che sono dei gesti eseguiti con le mani o con il corpo.
  4. Pranayama, cioè il controllo del respiro.
  5. Dharana, che rappresenta lo stato di concentrazione ininterrotta su un punto.
  6. Dhyana: La meditazione.
  7. Samadhi, che è uno stato di profonda concentrazione, in cui l’oggetto pensato e colui che pensa svaniscono.

Hatha Yoga: punti di incontro con le altre forme di Yoga

L’Hatha Yoga pur avendo una sua morfologia definita, presenta dei punti di incontro con altre forme. Alcune contrazioni, come quella anale e quella addominale, hanno la capacità di risvegliare l’energia vitale, creando un collegamento con Kundalini Yoga.

Per quanto riguarda il Raja Yoga, esso ha una stretta connessione con lo Hatha Yoga. Si può senza dubbio affermare che non è possibile comprenderne uno senza la comprensione dell’altro. Lo Yoga regale può essere definito come il coronamento spirituale al quale si arriva con la pratica dello Yoga. Questa forma è stata tramandata, come le altre, verbalmente, ma è stata poi codificata da Patanjali che l’ha sintetizzata in 94 aforismi detti sutra.

Essa si basa sul concetto che l’universo è costituito da due entità fondamentali, Purusa e Prakrti. Questi coesistono uno accanto all’altro, senza mai miscelarsi. Il termine Purusa ha il significato di uomo in tutte le sue accezioni, il  principio vitale, l’anima, colui che è testimone di ogni cosa. La Prakrti, invece rappresenta la natura, costituisce tutto ciò che ci circonda, dalla materia che forma le stelle e i pianeti, a quella che forma il corpo di ogni creatura, fino alla sottilissima essenza che costituisce la psiche. Tutto è Prakrti, anche ciò che è stato creato prima.

Patanjali riassume e organizza questa forma di Yoga ed espone tecniche di meditazione già utilizzate volte a sopprimere l’attività mentale. Come viene spiegato nel secondo sutra : YOGA CITTA VRTTI NIRODHA” cioè “ lo Yoga è la soppressione delle modificazioni (interferenze) della mente. Questo silenzio della mente, e la mancanza di ogni distrazione permettono il sorgere della coscienza di sé. Ogni forma di yoga ha questo fine supremo.

Approfondiamo il significato dello Hatha Yoga

Ritornando all’etimologia della parola Hatha, abbiamo detto che contiene il significato di sforzo, e infatti questa dottrina è imbevuta del concetto di forza. Basta pensare alla tensione dinamica presente, sia nelle asana, che nelle contrazioni esercitate in determinati punti del corpo, il suo fine non è semplicemente fisico. Essa mira all’ottenimento di un equilibrio interno e all’ eliminazione delle distrazioni che vengono dal mondo esterno (Samsara).

Lo Hatha Yoga si basa sul concetto che oltre ad un corpo concreto, fisico, tangibile che nasce, cresce, invecchia e muore esiste anche un corpo “sottile” invisibile, intangibile nel quale circola l’energia vitale.

Prana e Apana

Ogni essere vive grazie al prana, soffio vitale che viene inspirato dalle narici e si propaga nel corpo raggiungendo anche quello sottile. Tale soffio non ha una forma unica. Infatti, esiste il prana in senso stretto, che è l’energia ascendente e corrisponde all’inspiro e alla deglutizione, esso risiede nel cuore. L’Apana,  invece rappresenta l’energia discendente, si manifesta nell’espiro e nelle funzioni escretive, esso risiede nell’ano.

Udana, Samana e Vyana

L’Udana è  l’energia che fluisce nel corpo, dirigendosi verso l’alto e raggiungendo la testa. È collocato nella gola. Il Samana è, invece il soffio medio, centrale che governa la temperatura del corpo e regola le funzioni digestive e assimilative. Si può dire che il suo fine sia quello di distribuire il nutrimento in tutto il corpo. Infine, il Vyana viene chiamato soffio “PERVADENTE” e ha la funzione di consentire la diffusione dell’aria in tutto l’organismo. Esso gestisce la circolazione sanguigna e l’attività di alcuni organi interni.

L’atto respiratorio nell’Hatha Yoga

L’atto respiratorio acquisisce una valenza più ampia ed è determinante in questa dottrina, il soffio vitale accade in ogni istante, qualsiasi sia la posizione del nostro corpo, inspiro ed espiro si susseguono in modo istintivo, naturale e vengono utilizzati per eseguire le chiusure o contrazioni ( Bandha), per conseguire la concentrazione, per purificare e nutrire il nostro corpo, per liberarlo dal samsara ( realtà mondana, mondo materiale).

Il sistema attraverso il quale il prana circola nel corpo è rappresentato da un insieme di canali detti “Nadi” , si tratta di organi tubolari; nel nostro corpo ne esistono molti, circa  72.000, ma noi ci soffermiamo sulle tre più importanti  :

  • “Susumna” è il canale principale che nasce nel primo chakra muladhara il quale si trova nella zona sacro coccigea e perineale, da li si innalza fino alla sommità della testa ed è situata approssimativamente lungo la spina dorsale. Questa nadi rappresenta l’asse che unisce la terra al cielo.
  • Ida e Pingala sono le altre due nadi che nascono tra Il Perineo e l’ano si intrecciano intorno a sushumna per 5 volte, all’altezza dei 5 chakra e terminano nelle narici. Pingala inizia alla destra di Susumna e sbocca nella narice destra. Rappresenta il principio maschile e surya il sole, del quale ha la brillantezza, l’energia, il calore. Ida parte alla sinistra di Susumna e sbocca nella narice sinistra, rappresenta il principio femminile e chandra, la luna.

Sole e luna, maschile e femminile, rappresentano le fondamenta di questo tipo di yoga. Ha è uno dei nomi di surya, il sole e Tha Indica chandra, la luna, quindi Hatha è  l’unificazione tra luna e sole,il flusso di Ida e quello di pingala.

Il prana nel suo percorso attraversa i 7 chakra

La parola chakra significa ruota, cerchio si tratta di centri di energia, i primi sei sono collocati lungo la colonna vertebrale, il settimo si trova sulla sommità della testa.

Abbiamo già parlato di muladhara, primo chakra nel quale nasce Susumna. In questa zona risiede l’energia kundalini, sotto forma di un serpente avvolto in tre spire e mezza. La sua testa occlude l’apertura inferiore di sushumna: essa rappresenta l’energia creatrice, impegnata nell’attività della creazione, una energia che però è latente, profonda, incontrollata.

Riuscire a governarla e farla innalzare lungo sushumna conferisce beatitudine. Il suo risveglio mette a disposizione del praticante quella forza e quell’energia presenti in ogni essere vivente e fonte di ogni potenzialità. Si può ottenere il risveglio di kundalini con numerose tecniche presenti nella pratica dello yoga, ad esempio con l’arresto del respiro a polmoni vuoti o pieni ( kumbhaka).

Il secondo chakra si chiama svadistana ed è situato alla base degli organi genitali. Subito  dopo troviamo manipura chakra collocato sul plesso solare, all’altezza della colonna lombare. Anahatha è il quarto chakra che si estende nella zona toracica all’altezza del cuore. Continuiamo il nostro percorso di scoperta, raggiungendo il visuddha chakra che è collocato nella zona della gola, per poi arrivare a ayna, chakra del potere illimitato situato in mezzo alle sopracciglia. Infine, arriviamo a sahasrara che come una corona cinge la sommità della testa.

Cosa sono i chakra?

Si può dire che i chakra rappresentano le tappe dell energia kundalini. Il praticante, attraverso varie tecniche, gran parte delle quali sono contenute nella pratica dello hatha yoga, riesce a risvegliare l’energia kundalini facendola risalire lungo la nadi sushumna. Essa attraversa i 7 chakra fino a raggiungere sahasrara che rappresenta l’assoluto, in esso kundalini si identifica con l’energia cosmica. Nel loto dai mille petali (sahasrara chakra), risiede amrita il nettare che conferisce salute e vitalità, esso però viene consumato dal fuoco che risiede nel terzo chakra, manipura, per questo hanno molta importanza le posizioni invertite, che impediscono la caduta del nettare. L’ amrita si riferisce ad un liquore sacro prodotto dalla spremitura e filtrazione di erbe le cui proprietà sono eccezionali e che veniva utilizzato nei riti vedici.

Le posizioni dell’Hatha Yoga

Analizziamo alcune posizioni, tenendo conto che ognuna deve rispettare il corpo di colui che la esegue. Quindi non devono esserci tensioni o forzature. La forza e l’intento che dobbiamo mettere nelle posizioni mirano ad una esecuzione che rispetti il nostro corpo e che ci permetta di mantenere l’attenzione sul respiro e sull’istante presente.

Kurmasana

Posizione della tartaruga. Seduti con le gambe distese in avanti e ben divaricate, inspirando si flettono e si sollevano le ginocchia. Espirando si piega il busto in avanti, si infilano sotto le ginocchia le braccia spingendo fino all’altezza delle spalle e si tendono in fuori lateralmente. Si inspira di nuovo ed espirando si distendono lentamente le gambe. Questa posizione rende forte ed elastico tutto il corpo, allunga i muscoli e tendini delle gambe, distende la colonna vertebrale, stimola l’intestino, migliora la digestione. Sviluppa la capacità di ritrarre i sensi dall’ambiente esterno, calma e riposa la mente al pari di un lungo sonno ristoratore.

 

Pascimottanasana

Posizione dello stiramento posteriore. È una delle posizioni più classiche raccomandata da tutte le scuole. Nell’esecuzione completa le gambe sono tese, dobbiamo allungarci in avanti fino ad afferrare i piedi e appoggiare la fronte sulle ginocchia. Tutto questo va fatto con molta cautela e senza forzature. Per evitare tensioni nella regione lombare è necessario iniziare l’allungamento dalla parte inferiore del tronco, cioè avvicinando alle gambe il bacino, invece di curvare il dorso e le spalle. Dobbiamo perfezionare la posizione pazientemente nel corso del tempo, senza piegarci in avanti con sforzo o tirare con le mani afferrando le caviglie o i piedi. Per i principianti è possibile appoggiare le mani sulle ginocchia e rilassare tutta la parte posteriore del corpo lasciando che la forza di gravità perfezioni l’allungamento. Questa posizione esercita un vero e proprio massaggio sui nervi spinali, vengono tonificati tutti i visceri dell’addome portando benefici alla digestione e alle funzioni intestinali.

 

Padmasana

Posizione del loto. Seduti, gambe unite e distese, si piega la gamba destra tenendo abbassato il ginocchio, che deve essere a contatto con il pavimento.  Si afferra quindi il piede destro e lo si porta sulla coscia sinistra. Si piega anche la gamba sinistra si afferra il piede e si porta sulla coscia destra. Entrambi hanno le piante rivolte in alto. Le mani sono raccolte in grembo oppure posate sulle ginocchia. Si può anche eseguire la posizione con le gambe invertite. Il loto è  un simbolo di purezza e di elevazione spirituale poiché cresce incontaminato al di sopra delle acque fangose.

Padmasana agisce soprattutto sulle articolazioni dell’anca, del ginocchio, della caviglia e della spina dorsale. Questa asana e un’ottima prevenzione delle deviazioni della colonna vertebrale dovute a un errata postura, inoltre si crea una tonificazione addominale.

 

Viparita Karani

Il termine significa atto del capovolgersi. Si tratta di una mudra in cui viene rallentata la caduta dell’amrta e quindi viene preservato il potenziale vitale. Sdraiati a terra, con le braccia lungo i fianchi, si sollevano le gambe. Poi facendo leva con le braccia contro il pavimento si solleva il bacino, si appoggia le mani sul bacino sostenendo il corpo con le braccia. Il busto non è verticale rispetto al pavimento ma è inclinato di circa 40°. La posizione è benefica anche a livello fisico, infatti migliora la circolazione nel bacino e negli atti inferiori. Cura le vene varicose, emorroidi, disfunzioni renali e il diabete.

 

Ustrasana

Posizione del cammello. In ginocchio, gambe e piedi poco distanti, il dorso del piede a contatto con il pavimento, si abbassa il bacino in modo da mettersi a sedere sui talloni. Poi, si afferrano con le mani i talloni stessi, tenendo i pollici all’esterno. In inspirazione si distendono le braccia e si solleva il bacino. Quindi, si inarca decisamente la schiena, l’addome viene spinto in avanti e verso l’alto. Si contrae i glutei e si inarca il collo rovesciando la testa all’indietro. Questa posizione agisce soprattutto sulla zona lombare e corregge le deviazioni della colonna vertebrale dovute a difetti posturali. A causa del forte stiramento addominale si crea una azione su tutti i visceri dell’apparato digerente che vengono stimolati e tonificati. Inoltre favorisce l’equilibrio mentale, sviluppa la sicurezza e aumenta la resistenza allo stress.

Articolo scritto da Valentina Pallini, insegnante di Hatha Yoga, yoga prenatale, yoga per bambini presso il Centro Yoga Time – Spazio per la cura del sé di Livorno.

 

 

 

 

Esistono veramente le cosiddette tipologie di yoga? Occorre ri-orientarsi verso la tradizione. Parte prima. RAJA YOGA.

Esistono veramente le cosiddette tipologie di yoga? Occorre ri-orientarsi verso la tradizione.

Parte prima. RAJA YOGA.

 

Attualmente il panorama delle tipologie di  yoga che viene messo a disposizione è talmente vasto che per un neofita può diventare davvero difficile riuscire ad orientarsi. Questo è dovuto anche al fatto che lo yoga nel suo prestare il fianco alla ginnastica e al mondo del fitness ha generato notevole confusione e contraddizioni; assistiamo così ad un proliferare delle  cosiddette “tipologie di yoga” di ogni genere e gusto che non fanno altro che aprire la strada ad un percorso spesso opposto a quello della consapevolezza.

Per tornare ad orientarsi nel modo giusto, è necessario fare un passo indietro: abbandonare fiocchi e merletti  e tornare a restituire allo yoga ciò che di diritto appartiene allo yoga soltanto, lasciando andare tutto il resto.

L’intento del nostro Centro, come quello di molti altri, è quello di cercare di mantenere gli insegnamenti proposti ancorati il più possibile ad uno yoga della Tradizione, cercando di promuovere una pratica dove il lavoro sul corpo rappresenti il punto di partenza e di confronto per la realizzazione di uno stato di pienezza, di benessere e di gioia.

Non si può trovare uno stato di gioia interiore solo sviluppando una parte della nostra struttura o dedicandoci solo ad un ambito della nostra vita, occorre ben altro, e anche la pratica di asana e pranayama, alla fine, non sono lo scopo finale nello yoga ma ne costituiscono il fertilizzante idoneo e necessario a creare un terreno favorevole al contatto con una dimensione profonda dell’essere.

Alcuni autori tendono a separare la pratica dell’hatha yoga da quella del Raja in realtà l’obbiettivo cui si rivolgono è comune: l’espansione della coscienza.

Questo tipo di yoga definito come Raja lo troviamo indicato già da Svatarama nella Hatha Yoga Papridika come l’applicazione degli Yoga Sutra di Patanjali : unopera di una modernità assoluta in quanto costruita attorno ad una capacità di visione che appartiene essenzialmente alla vita: una visione in grado di ritornare chiara e diretta  solo nel momento in cui liberandoci  dal laccio pesante delle nostre abitudini e delle nostre identificazioni ci permettiamo di tornare a riconoscere le cose e noi stessi per quello che realmente sono.

Tuttavia la pratica formale proposta con asana, pranayama e mudra è necessaria e imprescindibile perché ci offre la possibilità di indagare il rapporto che abbiamo con la nostra fisicità, con il respiro e con le dinamiche mentali prima di rivolgerci agli aspetti più sottili della pratica e della nostra esistenza.

Il percorso dello yoga è un processo di trasformazione e chi ne intraprende il percorso diventa, che lo voglia o meno, automaticamente protagonista e responsabile in primis verso se stesso e poi verso gli altri.

Siamo tutti anelli di un’unica grande catena: essere responsabili di noi stessi, delle nostre parole, delle nostre azioni significa assumersi eticamente e fattivamente, la responsabilità anche per l’altro e per il tessuto sociale di cui facciamo parte. In questo la sapienza yoga ci indica la strada e ci fornisce anche gli strumenti: noi sappiamo bene quanto quei precetti ed astinenze conosciuti come Yama e Nyama,   indicateci da Patanjali nella sua opera, rappresentino quel faro di conoscenza utile a rischiarare la strada della nostra esistenza.

Il Raja Yoga o yoga regale, così come lo troviamo descritto negli yoga sutra di Patanjali, ci insegna come la pratica sia il luogo dove poterci conoscere e trasformare nell’esperienza di quell’essere autentico non-duale che originariamente siamo. Grazie a questo tipo di yoga diventiamo testimoni diretti di quanto il corpo non sia più da una parte e la mente dall’altra, così come lo yoga non è una cosa e la vita un’altra cosa.

Raja yoga ci permette di disciplinare e riportare equilibrio fra tutti i diversi piani dell’essere rendendoci in grado di intraprendere la strada verso l’obbiettivo ultimo, il Samadhi. Crescendo nella pratica del Raja yoga impariamo a comprendere la maggiore importanza dell’attitudine interiore rispetto a quella che solitamente diamo alla forma fisica e, cosa ancora più importante, ci consentiamo di uscire dalla confusione generata dalla nostra  mente riguardo a chi riteniamo di essere o all’idea che ci siamo fatti su di noi  rispetto a chi realmente siamo.

“L’acquietamento della mente può avvenire quando si stabilisce una relazione diretta fra l’attività mentale e la percezione della realtà così com’è “ Y.S. I,34.

Così la pratica inizia a renderci liberi: possiamo imparare ad abitare ogni asana, scavalcando l’aspettativa della fisicità e della perfezione estetica e ritrovare così la nostra Autenticità e completezza.

 “Il controllo dell’asana avviene quando ogni sforzo cessa e la mente viene assorbita dall’infinito” Y.S.2,47

Gli asana non hanno infatti niente a che vedere con ciò che il corpo è o non è in grado di fare, piuttosto hanno a che fare con la capacità di sviluppare consapevolezza e sensibilità. Nel praticare l’asana con un atteggiamento non violento ma di agio, di osservazione ed ascolto qualunque sia la realtà che incontriamo, senza preoccuparci di come appare e senza giudizio, il corpo diventerà allora la nostra possibilità più grande per evolvere, con semplicità, al di là della stessa corporeità, oltrepassando le parole e le concettualizzazioni.

Praticare Raja yoga significa restituire tempo alla nostra pratica ma anche alla nostra vita. La mente è sempre molto più veloce del corpo ed ha necessità di essere rieducata con toni calmi e scanditi da un ritmo diverso da quello a cui siamo di soliti abituati, ha necessità di essere educata a “stare”. Allora quando la mente resta e anche il corpo sta in ciò che può mantenere ecco che l’onda respiratoria compare e si allarga lasciando emergere, un po’ alla volta, tutta la nostra interiorità. Sarà solo questa rivoluzione del piano mentale a consentire l’accesso verso un più ambito percorso spirituale.

Parlando di Raja Yoga non si può non rendere omaggio a Gèrard Blitz :

“Raja Yoga è lo Yoga di ogni istante. Lo yoga della relazione con gli altri, con sé stessi  e con tutti gli avvenimenti della vita. L’Hatha Yoga prepara il Raja Yoga. Quando la nostra mente è centrata – dunque il contrario di dispersa – lo stato di yoga diviene percepibile. Non è questo un percorso che ci porta a sentirci superiori agli altri. Conduce piuttosto ad una rinuncia. La rinuncia porta all’aprirsi del nostro cuore, donando la capacità di vivere.”

COSA SONO VERAMENTE LE TECNICHE DI RESPIRAZIONE PRANAYAMA

COSA SONO VERAMENTE LE TECNICHE DI RESPIRAZIONE PRANAYAMA

ESEMPI DI ESERCIZI RESPIRATORI PROPEDEUTICI LA MEDITAZIONE

Scienza e yoga sono ormai concordi nel ritenere che per vivere con pienezza e in salute la nostra vita sia necessario tendere, prima di tutto, ad uno stato di equilibrio interno e interiore. Per lo yoga, in particolare, l’auspicato stato  di quiete e di pace può essere indotto attraverso la padronanza del respiro.

Di questa evidenza erano già ben consapevoli tradizioni millenarie, basta pensare agli Yogasutra di Patanjali (II, 49).  Lì l’obiettivo del Pranayama è, in primo luogo, l’eliminazione delle impurità dalla mente a

l fine di renderla più lucida e concentrata. Oppure pensiamo ai versi di Swatmarana Yoginidra (XIX sec.) con i quali  nella sua opera Hathayogapradipika troviamo illustrate diverse tecniche di Pranayama.

Tutti i principali testi classici dello yoga trattano di questo tema fondamentale e dimostrano come attraverso l’azione respiratoria sia possibile regolare molte funzioni vitali e, al contempo, accedere ad esperienze così sottili e profonde tali da aiutarci a scivolare naturalmente nella meditazione.

RESPIRAZIONE PRANAYAMA PER CONTROLLARE IL RESPIRO

Del resto se allo yoga togliamo il respiro, e l’azione energetica del respiro, cosa resta? Quel che resta della nostra pratica altro non è che un gesto ripetitivo e meccanico, un’azione che attiva i nostri processi mentali e dove finiamo per perdere “il senso” di ciò che stiamo facendo. In questo modo la ricerca che dovrebbe sostenere un buon praticante di yoga viene meno e con essa si spegne l’interesse e l’entusiasmo.

Al pranayama viene dato, comunemente  il significato di controllo del respiro, ma nella sua accezione più ampia va considerato come “soffio vitale”. Non ci soffermiamo mai abbastanza a considerare l’importanza dell’azione energetica del respiro.  Infatti parlare di respiro è lo stesso che parlare di energia, ovvero di quel flusso ritmico e continuo che ha come porta di ingresso le narici per poi circolare al interno distribuendo nutrimento a tutte le parti e i sistemi del corpo.

Una buona respirazione è quindi responsabile della corretta distribuzione del prana  ed è anche responsabile della qualità e dell’efficienza delle funzioni vitali dell’organismo: il disarmonico flusso del prana genera squilibrio, malessere anche mentale e, a lungo andare,  può dar luogo a  patologie metaboliche importanti.

 

 

ENERGIA VITALE E RESPIRAZIONE

L’energia vitale assunta attraverso la respirazione è la forma di nutrimento, esistente in natura, più preziosa : possiamo restare un certo numero di giorni senza mangiare, un po meno senza bere, ma senza respirare – manomayakosha– il nostro corpo fatto di materia cessa ogni sua funzione vitale all’incirca dopo solo 7 minuti.

Acquisire una respirazione ampia e nello stesso tempo sottile e silenziosa grazie alle tecniche di respirazione pranayama equivale a nutrire e corroborare il nostro sistema psicofisico in modo da renderci lucidi, attivi e vitali e perché no, anche più felici.

Gli insegnanti di yoga devono poter educare gli allievi a comprendere l’importanza di allenare il respiro, per orientare, modellare l’energia e con essa la coscienza. Il Pranayama, infatti per gli antichi yogi, viene associato da sempre alla ricerca spirituale, ma sappiamo anche che non può esserci spiritualità senza equilibrio. Un equilibrio che può essere raggiunto e mantenuto proprio grazie alla respirazione yoga.

Il lavoro con il respiro è un lavoro complesso e graduale, deve essere affrontato sempre in assenza di sforzo, rispondere ai principi di sthira sukha e guidato da un insegnante esperto.

TECNICHE DI PRANAYAMA: CONOSCERE L’AZIONE DELLA RESPIRAZIONE È FONDAMENTALE

Solo dopo aver compreso, grazie agli esercizi di respirazione yoga, l’azione meccanica e muscolare del movimento respiratorio nelle tre fasi – addominale- toracica-clavicolare, e dopo aver esperito la potenza dell’azione diaframmatica che fa da protagonista in tutto il processo della respirazione completa, possiamo rivolgere la nostra attenzione alle tecniche più sofisticate di pranayama per farci toccare dall’esperienza più sottile e più vitale del prana.

È facile chiedersi come mai, spesso, non viene data al respiro tutta l’attenzione che merita.

Comprendere  quanto l’ossigeno introdotto con ogni inalazione, sebbene assunto in modo diverso da altri nutrienti,  rappresenti  il carburante più importante e di pronto utilizzo per tutto  l’organismo, può fare la sua differenza:  il massaggio esoterico prodotto dal nostro respiro all’interno del corpo può allargare e trasformare la nostra coscienza rendendoci in grado di modificare anche le nostre abitudini.

Questa è un esperienza che possiamo fare grazie alle tecniche proposte dalla respirazione yoga  e del pranayama.

PERCHÉ È NECESSARIO TRASFORMARE IL NOSTRO RESPIRO IN UN ATTO CONSAPEVOLE?

Molte persone non si accorgono di respirare in modo insufficiente e superficiale e si precludono la possibilità di trarre tutto il vantaggio possibile dalla corrispondente azione energetica respiratoria.

La respirazione è l’unica funzione vegetativa autonoma che può essere modificata grazie alla nostra volontà e quindi gestita attraverso le tecniche specifiche di respirazione yoga.  Migliorare la qualità  dell’azione respiratoria, da un punto di vista fisiologico, significa migliorare l’affluenza dell’ossigeno verso i polmoni migliorando così l’elasticità degli alveoli polmonari, stabilizzare la pressione arteriosa, equilibrare il sistema nervoso ed endocrino, oltre che a purificare il corpo dalle tossine di scarto e rafforzare così la risposta immunitaria restituendo all’organismo la propria capacità di auto guarigione.

Non dobbiamo dimenticare l’influenza del respiro sullo stato mentale e sul corpo emozionale. Il respiro parla di noi, della nostra storia, dei nostri stati d’animo, traduce e, a volte,  tradisce le nostre emozioni,  e visto lo stretto legame fra respiro e emozioni, si può legittimamente affermare che, consapevoli o no, le nostre emozioni possono creare un’infinità di ritmi respiratori che a loro volta andranno ad esprimersi somaticamente attraverso il corpo.

TECNICHE DI PRANAYAMA PER LA MENTE

L’uso consapevole del respiro attraverso le tecniche di pranayama purifica profondamente la nostra mente e cambia il nostro modo di essere: liberandoci dalla reattività e dallo stress, può sostenerci nel trasformare stati emotivi disturbanti o condizioni fisiche spiacevoli,  per  ancorarci  ad uno stato di maggior serenità,  di equilibrio e di forza  nei confronti delle difficoltà della vita.

Per attraversare tutti gli impulsi e le sollecitazioni in cui  quotidianamente siamo immersi abbiamo necessità di coltivare una mente calma, stabile, concentrata e in grado di discernimento, in una parola una mente meditativa.

Conosciamo fin troppo bene quanto lo yoga attribuisca principalmente all’esercizio delle  pratiche respiratorie e del pranayama il fine di intervenire sullo stato mentale per predisporla alla meditazione.

SCIENZA E YOGA

Vediamo oggi come la scienza  stia sostenendo quello che già  secoli fa veniva divulgato da antiche discipline yogiche:  è sufficiente digitare le  parole di respiration – brain – meditation su  Pub Med – uno dei motori di ricerca scientifica più accreditati al mondo-  per comprendere quanto il mondo delle neuroscienze abbia ampiamente dimostrato il collegamento tra respiro e attività cerebrale corticale e quindi riconosciuto la necessità di perseverare in esercizi  respiratori propedeutici alla meditazione atti a mantenere un equilibrio psicofisiologico ottimale.

Inoltre, l’interesse  che la scienza ma anche la medicina più integrata sta rivolgendo al respiro  ha portato alla creazione di strumenti diagnostici basati sull’attività respiratoria, in grado di poter valutare lo stato di salute della persona.  In qualità di insegnante di yoga ma anche di biologa nutrizionista  il ricorso ad uno strumento prezioso come la pletismografia unitamente al bioimpedenziometro mi consente di effettuare  un check up molto più approfondito che tiene conto della funzionalità del sistema nervoso autonomo, come delle eventuali patologie a carattere infiammatorio cronico legate anche allo stress e di ritagliare così un piano di riequilibrio nutrizionale ed energetico ad hoc su ogni singola persona.

ESEMPI DI CICLI RESPIRATORI PROPEDEUTICI LA MEDITAZIONE

Prima di affrontare le tecniche di pranayama vere e proprie è necessario acquisire bene la respirazione completa o respirazione yogica.

Tutti gli esercizi di respirazione yoga  devono essere praticati in posizione seduta agevole e con la colonna vertebrale eretta in modo da consentire lo sviluppo armonico e senza interruzioni del respiro. Per fare esperienza della respirazione yoga completa, inizialmente, è utile invitare la persona ad appoggiare le mani alternativamente sull’addome, poi sulla parte toracica ed infine sulla zona clavicolare  in modo che possa  riconoscere l’azione respiratoria sulle diverse pareti del corpo, per poi imparare a gestire il movimento in un unico processo armonico.

La scienza del respiro che definiamo come pranayama, al di là dei suoi aspetti fisiologici, rappresenta uno strumento che ci permette l’abbandono delle tensioni e di espandere la consapevolezza, ma è anche una porta aperta all’immobilità e alla calma mentale.

NADI SHODHANA

Nadi shodhana – respirazione a narici alternate – nella sua versione più semplice, ovvero senza ritenzione di respiro rappresenta uno fra i numerosi  esempi di cicli respiratori propedeutici la meditazione più efficaci.

Nadi shodhana pranayama rappresenta infatti una sorta di purificazione psichica importante e quindi una tecnica da tenere sempre presente per allontanare lo stress, ridurre gli stati ansiogeni e contrastare i disturbi del sonno, tutti sintomi sempre più ricorrenti nella società odierna.

 

Articolo di Cinzia Buti Castellini – Biologa, erborista, nutrizionista, insegnante di yoga presso il Centro Yoga Time –  Spazio per la cura del sé di Livorno.

Esercizi di yoga semplici e divertenti per bambini da fare insieme ai genitori

Esercizi di yoga semplici e divertenti per bambini da fare insieme ai genitori. Per il sano sviluppo dei più piccoli

Oggi parliamo di posizioni yoga per bambini e del perché questa disciplina possa essere perfetta per loro. Lo Yoga è  una pratica esperienziale, aperta, che non conosce limiti, può essere applicata in ogni circostanza e  può essere svolta ad ogni età. Ci aiuta ad affrontare le diverse  esperienze della vita, le emozioni, le sensazioni e a riscoprire le nostre attitudini più vere. È necessario e auspicabile però, portare la pratica nel quotidiano, per sperimentare attimo dopo attimo l’applicazione e l’efficacia di tutti i suoi straordinari insegnamenti.

Con i bambini questo accade in modo del tutto naturale grazie al privilegio che hanno nel loro rapportarsi allo yoga. Cioè, in modo libero ed ancora totalmente incondizionato.

Le posizioni yoga per bambini proposte, infatti, stimolano la loro  fantasia e li aiutano ad affinare la loro innata sensibilità.  L’intento  dell’insegnante sarà quello di contribuire al sano sviluppo dei più piccoli,   aiutandoli a mantenere la loro naturale attitudine all’ascolto, al gioco e nello stesso tempo ad alimentare la loro istintuale curiosità e a mantenere il senso di  scoperta nei confronti della vita.

In realtà i bambini hanno già a disposizione tutte le risorse necessarie per portare avanti un processo di apprendimento che li potrà rendere adulti autonomi e  in grado di interagire  con le loro emozioni in modo equilibrato.

Le posizioni yoga per bambini, per stimolare l’intelligenza creativa

Non solo. In un’epoca dove l’interesse e l’utilizzo di strumenti e giochi informatici e tecnologici sta purtroppo prendendo sempre più piede  anche nella prima infanzia, la proposta di inserire esercizi di yoga per bambini nel loro percorso di crescita, contribuirà ad un sano sviluppo dei più piccoli  alimentando non solo la loro intelligenza cognitiva ma la ben più importante intelligenza creativa.

Il processo di crescita del bambino necessita di un grande rispetto e di tempi adeguati. In un’epoca come la nostra in cui tutto appare spesso come forzatamente accelerato, calarsi nel mondo libero e un po’ senza tempo dei più piccoli non è così scontato. Così può capitare che l’adulto o il genitore stesso, nel tentativo di proporre il suo punto di vista o la propria modalità di apprendimento, finisca, inconsapevolmente, per sottrarli al loro spazio più autentico ricco di fantasia e di gioiosità.

Per questi motivi trovo sempre interessante, proporre  questo tipo di esperienza insieme ai genitori. Si tratta di una  proposta che  può  così risultare molto educativa per entrambi. Il bambino può imparare a condividere lo spazio e il gioco con il genitore, a mostrargli le sue capacità, venirne gratificato e alimentare  così il suo senso di autostima.  Il genitore, dalla sua parte,  ha la possibilità di esplorare l’universo del bambino e grazie alla spontaneità del gioco condiviso, risvegliare quella sensibilità che, sebbene assopita , è sempre presente in un angolo della sua essenza.

Genitori e figli insieme grazie allo yoga

Lavorare con lo yoga, genitori e figli insieme, contribuirà a creare una diversa opportunità di scambio, di dialogo e di vicinanza affettiva, formulata su una più intensa e arricchente sensibilità e leggerezza. Essere un insegnante di yoga per bambini è un’esperienza fantastica e molto nutriente: noi adulti possiamo imparare davvero molto dai bambini e trarre vantaggio dal loro rapportarsi alla vita con una maggiore semplicità.

Ormai sono diversi anni che propongo classi di yoga per bambini, ma ogni volta, pur mantenendo il mio  ruolo e la mia vigilanza di insegnante, mi ritrovo calata nel loro mondo, rido,  gioco e quasi  divento  una di loro. Alla fine tutto diventa più rosa e più leggero.

Ogni anno nel periodo estivo organizzo dei campi estivi per bambini, in delle belle zone collinari, dove vengo  coadiuvata, anche, da una guida escursionista.

Sono esperienze fantastiche, che possono essere rivolte anche  a genitori e figli,  dando così  loro l’opportunità di condividere un tempo e uno spazio insieme, immersi nella rigogliosità della natura circostante.

Considero questi campi  estivi come dei momenti molto importanti perchè possono contribuire significativamente per il sano sviluppo dei più piccoli sotto tutti i punti di vista:  il contatto con la natura educa il bambino alla bellezza e quindi al necessario rispetto che  tanta bellezza richiede per essere preservata, alimentando in lui sentimenti  importanti quali la  gratitudine e la tenerezza. 

Gioco e Yoga

Le posizioni Yoga per bambini non differiscono da quelle per adulti, ma devono essere comunque esercizi semplici e divertenti in modo da  privilegiare comunque l’apprendimento attraverso il gioco.  Per questo l’insegnante cercherà di proporre posizioni alla portata di tutti a prescindere dalla loro flessibilità.  E’ importante  dare il tempo necessario ai bambini di eseguire una posizione. Dal momento che ogni bambino ha una sua costituzionalità e delle attitudini soggettive. Nel caso di un gruppo numeroso, dovremo prenderci il tempo necessario per osservare  e portare la nostra attenzione ad ognuno di loro e con la stessa sensibilità

Una volta accompagnati nella posizione, insegneremo loro con semplicità come mantenere l’asana ascoltando il loro respiro. Per stimolare la curiosità di qualche genitore a cimentarsi con i propri figli nella pratica attraverso esercizi yoga semplici e divertenti e sperimentarne così insieme gli effetti positivi,  ho pensato di rappresentare di seguito qualche  semplice posizione yoga per bambini  fra le più  rappresentative.

 

Posizioni ed esercizi Yoga per bambini

Una posizione Yoga molto amata è quella della tartaruga

Semplice da eseguire e da mantenere, è una posa che riproduce bene l’immagine dell’animaletto che desideriamo rappresentare.  In questa asana invitiamo  i bambini ad immaginare di avere un robusto guscio ( o carapace) che li protegge, proprio come se fossero una tartaruga, e nello stesso tempo,  a portare l’attenzione su le sensazioni di pace, rilassamento e lentezza che di solito questo animale esprime.

“ Immaginiamo di essere delle bellissime tartarughe, lente e rilassate, che portano con sé una casetta robusta che può proteggerle sempre, qualsiasi cosa accada.”

 

Un altro esercizio yoga semplice  e divertente per i bambini è la posizione della  lepre.

Posizione tra l’altro di grande successo tra i più piccoli.

I bambini la eseguono volentieri e provano simpatia per questo animale vivace, le sensazioni  che esprime  sono diverse da quelle precedenti, si tratta di allegria, agilità, movimento.

“Trasformiamoci in simpatiche lepri e immaginiamo di saltellare, lasciando ‘svolazzare’ le nostre lunghe orecchie e corriamo a nasconderci dietro ai cespugli”

 

La posizione della nuvola è molto divertente, ci porta sensazioni di leggerezza e libertà e esprime la capacità di volare in alto lasciandoci trasportare dalla fantasia.

“Ora siamo delle nuvole, grigie, bianche  o azzurre, siamo molto leggere e possiamo volare in alto e da lassù guardiamo il mondo che diventa piccolo : le case sono piccole, le strade, gli alberi e le montagne”

 

Per stimolare la fantasia dei più piccoli possiamo utilizzare la posizione del coccodrillo.

Posizione semplice da eseguire e divertente da inserire in una storia. Possiamo immaginare un coccodrillo feroce, spietato e temerario, oppure, rappresentarlo come un personaggio pigro, lento  e rilassato.

“Trasformiamoci in un coccodrillo che lento e guardingo attraversa il fiume a fior d’acqua e si avvicina alle sponde del fiume”.

 

L’albero è una asana classica e molto conosciuta, i bambini si divertono ad eseguirla perché fa parte delle posizioni in equilibrio :  E’ una posizione con un risvolto educativo molto importante, perché se da un lato allena il bambino a mettersi in gioco dimostrando l’abilità nel mantenerla, nello stesso tempo lo educherà ad incontrare il suo limite con indulgenza, senza arrabbiarsi ma ridendoci su, proprio  come in un gioco in a cui a volte capita di vincere e a volte di perdere.

“Immagino di essere un grande e forte albero, con le radici che affondano a terra, il tronco che sostiene e la chioma rigogliosa che si spinge verso il sole”.

 

Non può mancare la posizione del leone. Un animale che trasmette sensazioni di forza, potere e vigore, ma che nella nostra esecuzione andremo ad interpretare con uno spirito giocoso:  spalancando la bocca, tirando fuori la lingua, pronunciamo nell’espiro  una energica “A”  sviluppando una vibrazione potente che si propagherà ovunque.

“Il re della foresta si fa avanti e il suo ruggito si sente in ogni luogo!”

 

Concludiamo con la posizione del cigno. L’eleganza del cigno che rappresenta anche la saggezza,  nella sua esecuzione  si manifesta attraverso sensazioni di leggerezza e grazia.

“Come un cigno fluttuo nell’acqua e mi lascio trasportare dalla sua corrente”

 

Le posizioni possono essere proposte in sequenza, creando una danza fluida, oppure possiamo spiegarle e poi chiedere ai bambini di rappresentarle successivamente in modo da stimolare la loro immaginazione e la loro memoria.

Utilizzando i vari personaggi, possiamo anche creare una piccola storia, oppure, ancora meglio, proporre  ai piccoli allievi di inventarne una.

La condivisione con i genitori è molto importante e le posizioni yoga per bambini proposte possono essere eseguite facilmente anche dagli adulti che non hanno mai praticato yoga.

La cosa straordinaria è vedere come sovente  nella pratica proposta a genitori e figli saranno i bambini stessi  ad assumere il ruolo di insegnanti, a volte  spiegando  a volte correggendo  o aiutando il genitore nell’assumere la posizione  con totale leggerezza e divertimento.

Articolo di Valentina Pallini:  Insegnante di Hatha Yoga, Yoga Prenatale e Yoga per bambini presso il Centro Yoga Time – spazio per la cura del sé di Livorno.