Categorized as: Meditazione

Buone Feste da Yoga Time

Il calendario delle lezioni per le festività resta regolare.

Sperando di avervi ancora con noi, Vi auguriamo di trovare in queste feste, come in ogni circostanza della vostra vita, la modalità migliore per nutrire la vostra serenità ed espandere la vostra gioia.

Un abbraccio di cuore.

Buone feste!!!

Il Team Yoga Time

FRA ORIENTE E OCCIDENTE

FRA ORIENTE E OCCIDENTE

Storia e Spiritualità

Attraverso l’arte, il silenzio, la meditazione

 

LA CERIMONIA DEL TÈ

La cerimonia del tè, non rappresenta una semplice degustazione di tè, ma un rito che, da tempi molto antichi, abbraccia i principi di armonia, rispetto e contemplazione.

Ogni gesto, dalla preparazione fino alla degustazione finale, si arricchisce di significato e ci trasporta fuori dalla casualità e dall’ordinario.

RITUALE E MEDITAZIONE

Si tratta di un rituale culturale, estetico, meditativo. È un’Arte perché oltre ad insegnare il rispetto per l’altro e per le cose, pone l’accento sulla percezione di quella “Bellezza” che siamo in grado di cogliere solo quando la mente è calma e concentrata. Lo stesso obbiettivo che ci prefiggiamo di raggiungere grazie allo yoga e alla meditazione : uno stato in cui il livello della nostra attenzione si eleva, l’esperienza della realtà sensoriale si interrompe, la nostra osservazione si rivolge all’interno e diventiamo in grado di riconoscere quella pulsione vitale che avvolge il nostro interno e permea allo stesso tempo tutto lo spazio intorno a noi.

Per questo potremo definire questa cerimonia come una pratica di Pratyahara. Uno strumento per affinare la qualità della nostra concentrazione, indispensabile per aprirsi all’esperienza successiva dello stato meditativo profondo.

Viene considerato anche un rituale di solitudine, perché in questa esperienza possiamo imparare a non sentirci più soli, ristretti nella nostra sola realtà individuale, e sperimentare tutta la pienezza della nostra essenza lasciandoci attraversare da un campo pranico più grande e più ampio che ci nutre e ci sostiene : come un piccolo fiume che fluisce nel grande mare e dove l’acqua del fiume è la stessa dell’acqua del mare.

QUALCHE CENNO STORICO

La Cerimonia del tè ha origini antichissime. Nasce nella Cina meridionale nei monasteri buddisti, qui veniva utilizzato dai monaci come sostegno nelle lunghe ore di meditazione e nella ricerca interiore del sé.

Solo successivamente, all’incirca 400 anni fa, il rituale fu diffuso dagli stessi monaci anche in Giappone, dove i samurai lo usavano come strategia per mantenere la loro mente stabile e calma durante i combattimenti.

“…..beviamo nel frattempo un sorso di tè. Lo splendore del meriggio illumina il bambù, le sorgenti gorgogliano lietamente, e nella teiera risuona il mormorio dei pini. Abbandoniamoci al sogno dell’effimero…”

Da “Lo zen e la cerimonia del tè” Kakuzo Okakura

Porta nella tua vita il benessere dello yoga e della meditazione: YOGA TERAPIA – parte prima

 

Porta nella tua vita il benessere dello yoga e della meditazione: YOGA TERAPIA – parte prima

Yoga terapia si yoga terapia no: c’è molta polemica intorno a questo termine. Al di là della considerazione oggettiva che un insegnante di yoga di per sé non possa essere considerato un medico o un terapista non avendone le specifiche competenze. È anche vero che l’aspetto terapeutico è già insito nella disciplina dello yoga e che un insegnante che si rispetti dovrebbe essere tenutario e attento dispensatore di quella che attualmente viene riconosciuta come scienza yogica.

I benefici psicofisici avanzati e testimoniati sempre più da una pratica costante, diventano un luogo di riferimento cui la scienza medica e la psicologia occidentale rivolgono il loro interesse in modo sempre più approfondito.

È un dato di fatto ed esiste ormai un’ampia letteratura in merito a quanto l’efficacia della yoga terapia e della meditazione sia sempre più riconosciuta nel suo ruolo di terapia preventiva, adiuvante e lenitiva per molte patologie.

Medicina e meditazione: un’origine comune

Del resto le parole medicina e meditazione anche a colpo d’occhio, non sono così etimologicamente distanti. Esse condividono una radice latina comune = mederi ovvero curare.

Mederi è una parola che, a sua volta, deriva da una radice indoeuropea il cui significato è misurare: qui, l’interpretazione più immediata e istintiva di questo termine ci porta a considerare la circostanza che tutti gli esseri viventi possiedono al loro interno una personale misura tale da condizionarne la qualità dell’esistenza se non la stessa sopravvivenza.

Oggi sappiamo di poter definire il termine misura con la ricerca di un equilibrio interno: una condizione necessaria e in grado di influenzare qualitativamente tutti gli aspetti della vita dell’uomo e che la scienza yogica intende rivolta a tutti i piani dell’essere attraverso la sua forma triadica di asana- dhyana e pranayama.

Inoltre la vicinanza di questi due termini ci porta inevitabilmente ad interrogarci sul ruolo della meditazione nella medicina e su come possa migliorare la nostra salute.

Conosciamo bene quanto la yoga terapia si prefigga il riordino dell’organismo umano sia da un punto strutturale quanto a forza, flessibilità, allineamento – fisiologico attraverso la corretta funzionalità dei sistemi corporei ed infine psicologico attraverso la conquista del benessere mentale.

La diffusione del buddismo in Occidente

La diffusione occidentale del buddismo e delle tecniche meditative ha contribuito a spostare l’interesse di molti psicoterapeuti che, nonostante lo scoglio della “non esistenza dell’io” professata da queste dottrine, hanno iniziato a considerare la ricerca della liberazione dalla sofferenza psichica attraverso un percorso incentrato sulla autoconsapevolezza.

Anche gli studi effettuati attraverso le risonanze più all’avanguardia hanno permesso di evidenziare nuove frontiere nel rilassamento psico-fisico riconducibili alla pratica di Yoga Nidra.

Una pratica, ad oggi, considerata un metodo sistematico a valenza scientifica per indurre uno stato di rilassamento profondo ma anche il miglioramento delle funzioni cerebrali e cognitive riscontrabili nel potenziamento della capacità di visualizzazione, nel miglioramento della stimolazione sensoriale e non ultimo nell’attivazione della memoria a medio/lungo termine. il tutto grazie ad un preciso percorso di elementi di psicologia yogica e di psicologia occidentale.

Lo yoga come terapia adiuvante

Lo yoga in quanto terapia alla fine si basa sul principio che il corpo sia in grado di autoregolarsi e di re-instaurare l’equilibrio fisico e mentale necessario alla salute attraverso la valorizzazione delle proprie risorse personali.

Noi che pratichiamo yoga sappiamo che stare bene non è solo assenza di malattia o d’infermità, il corpo con l’andare del tempo inevitabilmente si corrompe.

Per stare bene occorre “sentirsi bene” da un punto di vista fisico, mentale, emozionale, relazionale, culturale, sociale. In una parola occorre essere in armonia con se stessi, con la vita indipendentemente dalle vicissitudini, dalle difficoltà e dal passare del tempo.

Nell’evoluzione di questo concetto anche l’OMS – l’organizzazione mondiale della sanità’ considera un dovere di tutti i governi lavorare per promuovere la salute dei propri cittadini attraverso la prevenzione, la regolamentazione e il mettere a disposizione tutto ciò che è necessario e indispensabile allo scopo.

In Germania ad esempio i medici di base, là dove necessario, prescrivono cicli di sedute di yoga e le sedute sono rimborsabili dal S.S.N del paese.

Yoga terapia e meditazione: due discipline sempre più ricercate

Nonostante il cammino sia ancora lungo, grazie al crescente interesse per lo yoga e la meditazione, l’attuale visione medica e scientifica si va sempre più indirizzando verso un concetto meno meccanicistico e multispecialistico per abbracciare una visione dell’essere più ampia, omnicomprensiva ed evolutiva. In quest’ambito ogni singola espressione fisica o mentale può essere considerata non più fine a se stessa, ma indagata nell’ambito di un processo dinamico che rivolge il suo interesse alla persona in tutta la sua complessità.

Questa nuova impronta permette di promuovere anche nelle terapie più tradizionali una migliore efficacia: se da un lato restituire alla persona la capacità di ascolto, la fiducia nelle proprie risorse e la padronanza di sé può aiutare favorevolmente nella risoluzione di un determinato malessere, dall’altro, in campo medico scientifico, l’avvalersi delle discipline dello yoga e della meditazione consente un contatto medico – paziente sicuramente più umano, maggiormente incline all’ascolto e quindi meno invasivo anche da un punto di vista emotivo.

“Siamo piccole onde dell’oceano cosmico” Paramahansa Yogananda

COSA SONO VERAMENTE LE TECNICHE DI RESPIRAZIONE PRANAYAMA

COSA SONO VERAMENTE LE TECNICHE DI RESPIRAZIONE PRANAYAMA

ESEMPI DI ESERCIZI RESPIRATORI PROPEDEUTICI LA MEDITAZIONE

Scienza e yoga sono ormai concordi nel ritenere che per vivere con pienezza e in salute la nostra vita sia necessario tendere, prima di tutto, ad uno stato di equilibrio interno e interiore. Per lo yoga, in particolare, l’auspicato stato  di quiete e di pace può essere indotto attraverso la padronanza del respiro.

Di questa evidenza erano già ben consapevoli tradizioni millenarie, basta pensare agli Yogasutra di Patanjali (II, 49).  Lì l’obiettivo del Pranayama è, in primo luogo, l’eliminazione delle impurità dalla mente a

l fine di renderla più lucida e concentrata. Oppure pensiamo ai versi di Swatmarana Yoginidra (XIX sec.) con i quali  nella sua opera Hathayogapradipika troviamo illustrate diverse tecniche di Pranayama.

Tutti i principali testi classici dello yoga trattano di questo tema fondamentale e dimostrano come attraverso l’azione respiratoria sia possibile regolare molte funzioni vitali e, al contempo, accedere ad esperienze così sottili e profonde tali da aiutarci a scivolare naturalmente nella meditazione.

RESPIRAZIONE PRANAYAMA PER CONTROLLARE IL RESPIRO

Del resto se allo yoga togliamo il respiro, e l’azione energetica del respiro, cosa resta? Quel che resta della nostra pratica altro non è che un gesto ripetitivo e meccanico, un’azione che attiva i nostri processi mentali e dove finiamo per perdere “il senso” di ciò che stiamo facendo. In questo modo la ricerca che dovrebbe sostenere un buon praticante di yoga viene meno e con essa si spegne l’interesse e l’entusiasmo.

Al pranayama viene dato, comunemente  il significato di controllo del respiro, ma nella sua accezione più ampia va considerato come “soffio vitale”. Non ci soffermiamo mai abbastanza a considerare l’importanza dell’azione energetica del respiro.  Infatti parlare di respiro è lo stesso che parlare di energia, ovvero di quel flusso ritmico e continuo che ha come porta di ingresso le narici per poi circolare al interno distribuendo nutrimento a tutte le parti e i sistemi del corpo.

Una buona respirazione è quindi responsabile della corretta distribuzione del prana  ed è anche responsabile della qualità e dell’efficienza delle funzioni vitali dell’organismo: il disarmonico flusso del prana genera squilibrio, malessere anche mentale e, a lungo andare,  può dar luogo a  patologie metaboliche importanti.

 

 

ENERGIA VITALE E RESPIRAZIONE

L’energia vitale assunta attraverso la respirazione è la forma di nutrimento, esistente in natura, più preziosa : possiamo restare un certo numero di giorni senza mangiare, un po meno senza bere, ma senza respirare – manomayakosha– il nostro corpo fatto di materia cessa ogni sua funzione vitale all’incirca dopo solo 7 minuti.

Acquisire una respirazione ampia e nello stesso tempo sottile e silenziosa grazie alle tecniche di respirazione pranayama equivale a nutrire e corroborare il nostro sistema psicofisico in modo da renderci lucidi, attivi e vitali e perché no, anche più felici.

Gli insegnanti di yoga devono poter educare gli allievi a comprendere l’importanza di allenare il respiro, per orientare, modellare l’energia e con essa la coscienza. Il Pranayama, infatti per gli antichi yogi, viene associato da sempre alla ricerca spirituale, ma sappiamo anche che non può esserci spiritualità senza equilibrio. Un equilibrio che può essere raggiunto e mantenuto proprio grazie alla respirazione yoga.

Il lavoro con il respiro è un lavoro complesso e graduale, deve essere affrontato sempre in assenza di sforzo, rispondere ai principi di sthira sukha e guidato da un insegnante esperto.

TECNICHE DI PRANAYAMA: CONOSCERE L’AZIONE DELLA RESPIRAZIONE È FONDAMENTALE

Solo dopo aver compreso, grazie agli esercizi di respirazione yoga, l’azione meccanica e muscolare del movimento respiratorio nelle tre fasi – addominale- toracica-clavicolare, e dopo aver esperito la potenza dell’azione diaframmatica che fa da protagonista in tutto il processo della respirazione completa, possiamo rivolgere la nostra attenzione alle tecniche più sofisticate di pranayama per farci toccare dall’esperienza più sottile e più vitale del prana.

È facile chiedersi come mai, spesso, non viene data al respiro tutta l’attenzione che merita.

Comprendere  quanto l’ossigeno introdotto con ogni inalazione, sebbene assunto in modo diverso da altri nutrienti,  rappresenti  il carburante più importante e di pronto utilizzo per tutto  l’organismo, può fare la sua differenza:  il massaggio esoterico prodotto dal nostro respiro all’interno del corpo può allargare e trasformare la nostra coscienza rendendoci in grado di modificare anche le nostre abitudini.

Questa è un esperienza che possiamo fare grazie alle tecniche proposte dalla respirazione yoga  e del pranayama.

PERCHÉ È NECESSARIO TRASFORMARE IL NOSTRO RESPIRO IN UN ATTO CONSAPEVOLE?

Molte persone non si accorgono di respirare in modo insufficiente e superficiale e si precludono la possibilità di trarre tutto il vantaggio possibile dalla corrispondente azione energetica respiratoria.

La respirazione è l’unica funzione vegetativa autonoma che può essere modificata grazie alla nostra volontà e quindi gestita attraverso le tecniche specifiche di respirazione yoga.  Migliorare la qualità  dell’azione respiratoria, da un punto di vista fisiologico, significa migliorare l’affluenza dell’ossigeno verso i polmoni migliorando così l’elasticità degli alveoli polmonari, stabilizzare la pressione arteriosa, equilibrare il sistema nervoso ed endocrino, oltre che a purificare il corpo dalle tossine di scarto e rafforzare così la risposta immunitaria restituendo all’organismo la propria capacità di auto guarigione.

Non dobbiamo dimenticare l’influenza del respiro sullo stato mentale e sul corpo emozionale. Il respiro parla di noi, della nostra storia, dei nostri stati d’animo, traduce e, a volte,  tradisce le nostre emozioni,  e visto lo stretto legame fra respiro e emozioni, si può legittimamente affermare che, consapevoli o no, le nostre emozioni possono creare un’infinità di ritmi respiratori che a loro volta andranno ad esprimersi somaticamente attraverso il corpo.

TECNICHE DI PRANAYAMA PER LA MENTE

L’uso consapevole del respiro attraverso le tecniche di pranayama purifica profondamente la nostra mente e cambia il nostro modo di essere: liberandoci dalla reattività e dallo stress, può sostenerci nel trasformare stati emotivi disturbanti o condizioni fisiche spiacevoli,  per  ancorarci  ad uno stato di maggior serenità,  di equilibrio e di forza  nei confronti delle difficoltà della vita.

Per attraversare tutti gli impulsi e le sollecitazioni in cui  quotidianamente siamo immersi abbiamo necessità di coltivare una mente calma, stabile, concentrata e in grado di discernimento, in una parola una mente meditativa.

Conosciamo fin troppo bene quanto lo yoga attribuisca principalmente all’esercizio delle  pratiche respiratorie e del pranayama il fine di intervenire sullo stato mentale per predisporla alla meditazione.

SCIENZA E YOGA

Vediamo oggi come la scienza  stia sostenendo quello che già  secoli fa veniva divulgato da antiche discipline yogiche:  è sufficiente digitare le  parole di respiration – brain – meditation su  Pub Med – uno dei motori di ricerca scientifica più accreditati al mondo-  per comprendere quanto il mondo delle neuroscienze abbia ampiamente dimostrato il collegamento tra respiro e attività cerebrale corticale e quindi riconosciuto la necessità di perseverare in esercizi  respiratori propedeutici alla meditazione atti a mantenere un equilibrio psicofisiologico ottimale.

Inoltre, l’interesse  che la scienza ma anche la medicina più integrata sta rivolgendo al respiro  ha portato alla creazione di strumenti diagnostici basati sull’attività respiratoria, in grado di poter valutare lo stato di salute della persona.  In qualità di insegnante di yoga ma anche di biologa nutrizionista  il ricorso ad uno strumento prezioso come la pletismografia unitamente al bioimpedenziometro mi consente di effettuare  un check up molto più approfondito che tiene conto della funzionalità del sistema nervoso autonomo, come delle eventuali patologie a carattere infiammatorio cronico legate anche allo stress e di ritagliare così un piano di riequilibrio nutrizionale ed energetico ad hoc su ogni singola persona.

ESEMPI DI CICLI RESPIRATORI PROPEDEUTICI LA MEDITAZIONE

Prima di affrontare le tecniche di pranayama vere e proprie è necessario acquisire bene la respirazione completa o respirazione yogica.

Tutti gli esercizi di respirazione yoga  devono essere praticati in posizione seduta agevole e con la colonna vertebrale eretta in modo da consentire lo sviluppo armonico e senza interruzioni del respiro. Per fare esperienza della respirazione yoga completa, inizialmente, è utile invitare la persona ad appoggiare le mani alternativamente sull’addome, poi sulla parte toracica ed infine sulla zona clavicolare  in modo che possa  riconoscere l’azione respiratoria sulle diverse pareti del corpo, per poi imparare a gestire il movimento in un unico processo armonico.

La scienza del respiro che definiamo come pranayama, al di là dei suoi aspetti fisiologici, rappresenta uno strumento che ci permette l’abbandono delle tensioni e di espandere la consapevolezza, ma è anche una porta aperta all’immobilità e alla calma mentale.

NADI SHODHANA

Nadi shodhana – respirazione a narici alternate – nella sua versione più semplice, ovvero senza ritenzione di respiro rappresenta uno fra i numerosi  esempi di cicli respiratori propedeutici la meditazione più efficaci.

Nadi shodhana pranayama rappresenta infatti una sorta di purificazione psichica importante e quindi una tecnica da tenere sempre presente per allontanare lo stress, ridurre gli stati ansiogeni e contrastare i disturbi del sonno, tutti sintomi sempre più ricorrenti nella società odierna.

 

Articolo di Cinzia Buti Castellini – Biologa, erborista, nutrizionista, insegnante di yoga presso il Centro Yoga Time –  Spazio per la cura del sé di Livorno.

Da un webinar con Mauro Bergonzi in tempi di pandemia

DA UN WEBINAR CON MAURO BERGONZI IN TEMPI DI PANDEMIA

La fretta di colmare quel senso di  silenzio, quella solitudine che a volte sentiamo al nostro interno ci allontana dalla possibilità di affrontare, anziché evitare questo senso di solitudine che affiora. La strada potrebbe essere quella di fermarci e lasciarci sprofondare un po’ dentro per sentire cosa c’è dietro questo vuoto che sentiamo.

Prendiamo una posizione comoda seduta, lasciamo che il respiro si renda comodo insieme al corpo e restiamo in ascolto di tutta la sfilata di sensazioni, di pensieri ed emozioni che attraversano la nostra mente e il nostro corpo.

Stiamo seduti, rilassati e non facciamo niente se non guardare il flusso delle nostre immagini e dei nostri pensieri e noi non facciamo niente, non le accogliamo e non le respingiamo.

Chi è che sta osservando?  Interroghiamo la nostra esperienza diretta: Chi percepisce tutto questo? Mettiamoci dalla parte di quel misterioso osservatore, attendiamo e vediamo se sprofondiamo in quello osservatore senza timore.

La mancanza di completezza è quella che chiamo felicità nei momenti in cui mi sento completo nella vita, mi dico va bene così, non ho più niente che mi manchi.

Ma se noi allora abbiamo nostalgia della completezza vuol dire che in qualche modo sappiamo che cos’è, vuol dire che è qualcosa che fa già parte di noi. Se una persona non sa cos’è la libertà vuol dire che dentro di se, ha un senso di libertà.

Nella nostra coscienza collettiva, quel senso di vuoto, la mancanza che noi cerchiamo di riempire in ogni modo, agendo qualsiasi cosa, agendo con il corpo, con la parola, amplificando gli stimoli sensoriali: anche quando andiamo in vacanza ogni singolo istante deve essere riempito di divertimento , si assiste ad una fuga nell’azione, alla fuga nelle dipendenze.

Noi siamo molto dipendenti dalle nostre abitudini e quando cerchiamo rifugio in esse per sfuggire a qualcosa che percepiamo come una voragine, come un non-senso, finiamo per restare nella bolla della reattività, solo per non vedere le cose come sono. Allora accade una cosa del tutto inaspettata, come il coronavirus che mi dice ora fermati, stai a casa.  Dove a casa sarai fermo e allora cosa succede?   Comincio a mettere i piedi per terra e allora tutte le cose astratte che prima mi avevano mosso, tutto questo mondo di astrazioni che riempiva il quotidiano ora viene meno, e come in una guerra, sono riportato alle cose essenziali. Non è così facile, perché è sempre possibile riempire questo ozio forzato in cui siamo con una infinità di azioni. E che qualità hanno queste azioni? di riempimento oppure il piacere di fare quella cosa che dedico a me stesso?  Non è così facile.

È un passare dal guardare fuori – dai nostri concetti, dalle nostre parole- al guardare dentro,  finché quel dentro non è più dentro e non è più fuori.

E quando ci  fermiamo, nel silenzio, ci lasciamo cadere dentro e ci possiamo passare attraverso: ansia, preoccupazione per il futuro, l’isolamento, la noia sono onde di qualcosa che è molto più profondo, sono sentimenti normali in una situazione pandemica come questa e anziché evitarli, tocchiamoli  e lasciamoci toccare.

Ammazzare il tempo, pensate a quanto è violenta questa espressione. Contrapponiamo a questa una poesia di P. Neruda: “Ora conto fino a dodici e tutti resteremo fermi“. Questa  poesia accenna ad una cosa importante : se uno si ferma, le cose che arrivano possono essere paura, preoccupazione, ansia tristezza ed è qui che noi possiamo riuscire a scoprire con tenerezza la nostra vulnerabilità fisica ma anche quella psicologica. Forse molte persone assistono sorprese perché non si immaginavano così fragili.

Ma se noi contattiamo il silenzio scopriamo che toccando la nostra vulnerabilità  possiamo costruire, finalmente, una grande apertura.

La vulnerabilità è una sensibilità senza difese che manda all’aria tutte le nostre fantasie, le nostre illusioni, che manda all’aria tutte le fantasie di poter controllare il nostro se separato. Attraverso questa profusa sensibilità al tocco della vita cominciamo ad intuire che noi non possiamo mai essere separati da niente, che esiste una profonda connessione con ciò che siamo e con tutto ciò che consideriamo essere come  mondo esterno.

Grazie Mauro