Esistono veramente le cosiddette tipologie di yoga? Occorre ri-orientarsi verso la tradizione.
Parte prima. RAJA YOGA.
Attualmente il panorama delle tipologie di yoga che viene messo a disposizione è talmente vasto che per un neofita può diventare davvero difficile riuscire ad orientarsi. Questo è dovuto anche al fatto che lo yoga nel suo prestare il fianco alla ginnastica e al mondo del fitness ha generato notevole confusione e contraddizioni; assistiamo così ad un proliferare delle cosiddette “tipologie di yoga” di ogni genere e gusto che non fanno altro che aprire la strada ad un percorso spesso opposto a quello della consapevolezza.
Per tornare ad orientarsi nel modo giusto, è necessario fare un passo indietro: abbandonare fiocchi e merletti e tornare a restituire allo yoga ciò che di diritto appartiene allo yoga soltanto, lasciando andare tutto il resto.
L’intento del nostro Centro, come quello di molti altri, è quello di cercare di mantenere gli insegnamenti proposti ancorati il più possibile ad uno yoga della Tradizione, cercando di promuovere una pratica dove il lavoro sul corpo rappresenti il punto di partenza e di confronto per la realizzazione di uno stato di pienezza, di benessere e di gioia.
Non si può trovare uno stato di gioia interiore solo sviluppando una parte della nostra struttura o dedicandoci solo ad un ambito della nostra vita, occorre ben altro, e anche la pratica di asana e pranayama, alla fine, non sono lo scopo finale nello yoga ma ne costituiscono il fertilizzante idoneo e necessario a creare un terreno favorevole al contatto con una dimensione profonda dell’essere.
Alcuni autori tendono a separare la pratica dell’hatha yoga da quella del Raja in realtà l’obbiettivo cui si rivolgono è comune: l’espansione della coscienza.
Questo tipo di yoga definito come Raja lo troviamo indicato già da Svatarama nella Hatha Yoga Papridika come l’applicazione degli Yoga Sutra di Patanjali : un’opera di una modernità assoluta in quanto costruita attorno ad una capacità di visione che appartiene essenzialmente alla vita: una visione in grado di ritornare chiara e diretta solo nel momento in cui liberandoci dal laccio pesante delle nostre abitudini e delle nostre identificazioni ci permettiamo di tornare a riconoscere le cose e noi stessi per quello che realmente sono.
Tuttavia la pratica formale proposta con asana, pranayama e mudra è necessaria e imprescindibile perché ci offre la possibilità di indagare il rapporto che abbiamo con la nostra fisicità, con il respiro e con le dinamiche mentali prima di rivolgerci agli aspetti più sottili della pratica e della nostra esistenza.
Il percorso dello yoga è un processo di trasformazione e chi ne intraprende il percorso diventa, che lo voglia o meno, automaticamente protagonista e responsabile in primis verso se stesso e poi verso gli altri.
Siamo tutti anelli di un’unica grande catena: essere responsabili di noi stessi, delle nostre parole, delle nostre azioni significa assumersi eticamente e fattivamente, la responsabilità anche per l’altro e per il tessuto sociale di cui facciamo parte. In questo la sapienza yoga ci indica la strada e ci fornisce anche gli strumenti: noi sappiamo bene quanto quei precetti ed astinenze conosciuti come Yama e Nyama, indicateci da Patanjali nella sua opera, rappresentino quel faro di conoscenza utile a rischiarare la strada della nostra esistenza.
Il Raja Yoga o yoga regale, così come lo troviamo descritto negli yoga sutra di Patanjali, ci insegna come la pratica sia il luogo dove poterci conoscere e trasformare nell’esperienza di quell’essere autentico non-duale che originariamente siamo. Grazie a questo tipo di yoga diventiamo testimoni diretti di quanto il corpo non sia più da una parte e la mente dall’altra, così come lo yoga non è una cosa e la vita un’altra cosa.
Raja yoga ci permette di disciplinare e riportare equilibrio fra tutti i diversi piani dell’essere rendendoci in grado di intraprendere la strada verso l’obbiettivo ultimo, il Samadhi. Crescendo nella pratica del Raja yoga impariamo a comprendere la maggiore importanza dell’attitudine interiore rispetto a quella che solitamente diamo alla forma fisica e, cosa ancora più importante, ci consentiamo di uscire dalla confusione generata dalla nostra mente riguardo a chi riteniamo di essere o all’idea che ci siamo fatti su di noi rispetto a chi realmente siamo.
“L’acquietamento della mente può avvenire quando si stabilisce una relazione diretta fra l’attività mentale e la percezione della realtà così com’è “ Y.S. I,34.
Così la pratica inizia a renderci liberi: possiamo imparare ad abitare ogni asana, scavalcando l’aspettativa della fisicità e della perfezione estetica e ritrovare così la nostra Autenticità e completezza.
“Il controllo dell’asana avviene quando ogni sforzo cessa e la mente viene assorbita dall’infinito” Y.S.2,47
Gli asana non hanno infatti niente a che vedere con ciò che il corpo è o non è in grado di fare, piuttosto hanno a che fare con la capacità di sviluppare consapevolezza e sensibilità. Nel praticare l’asana con un atteggiamento non violento ma di agio, di osservazione ed ascolto qualunque sia la realtà che incontriamo, senza preoccuparci di come appare e senza giudizio, il corpo diventerà allora la nostra possibilità più grande per evolvere, con semplicità, al di là della stessa corporeità, oltrepassando le parole e le concettualizzazioni.
Praticare Raja yoga significa restituire tempo alla nostra pratica ma anche alla nostra vita. La mente è sempre molto più veloce del corpo ed ha necessità di essere rieducata con toni calmi e scanditi da un ritmo diverso da quello a cui siamo di soliti abituati, ha necessità di essere educata a “stare”. Allora quando la mente resta e anche il corpo sta in ciò che può mantenere ecco che l’onda respiratoria compare e si allarga lasciando emergere, un po’ alla volta, tutta la nostra interiorità. Sarà solo questa rivoluzione del piano mentale a consentire l’accesso verso un più ambito percorso spirituale.
Parlando di Raja Yoga non si può non rendere omaggio a Gèrard Blitz :
“Raja Yoga è lo Yoga di ogni istante. Lo yoga della relazione con gli altri, con sé stessi e con tutti gli avvenimenti della vita. L’Hatha Yoga prepara il Raja Yoga. Quando la nostra mente è centrata – dunque il contrario di dispersa – lo stato di yoga diviene percepibile. Non è questo un percorso che ci porta a sentirci superiori agli altri. Conduce piuttosto ad una rinuncia. La rinuncia porta all’aprirsi del nostro cuore, donando la capacità di vivere.”